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martedì 12 febbraio 2013

Moby Dick


Moby Dick, di Herman Melville.

Guardando in retrospettiva a Moby Dick devo molto: è il libro che ha fatto scattare in mia madre l’amore per la lettrura. Il motivo per cui sono figlia di due lettori, perché mia madre ha fatto scoprire i libri anche a mio padre.
Magari ce l’avrei avuto nei geni, magari avrei scoperto la passione da sola… ma non mi sarebbe stata insegnata, non sarei stata così assecondata, se mia madre a tredici anni non avesse trovato  Moby Dick nella biblioteca della scuola, scoprendo che i libri non sono solo orfane perseguitate dalla sfortuna nera.


Ismaele ama il mare, al punto che ogni volta che sente di aver perso la direzione nella vita si imbarca come marinaio per ritrovare sé stesso. Tuttavia, quando si imbarca nella baleniera Pequod non sa di essere finito in una storia fuori dall’ordinario: il capitano Ahab ha infatti deciso che il viaggio sarà dedicato alla caccia alle balene solo secondariamente. Il suo obbiettivo principale è trovare e sconfiggere Moby Dick, la leggendaria balena bianca che ha fatto di lui uno storpio.

Il mio più grande dubbio, quando mi sono avvicinata a questo libro si può riassumere in: a me piacciono le balene. Riuscirò a reggere un libro dove i protagonisti le ammazzano e le macellano, esaltando il tutto come una vittoria?
Risposta: sì. 
Quello che Melville offre è un quadro, una finestra su un mondo che pochi conoscono e molti disprezzano. E’ chiaro che gli piace, ma è anche chiaro che i balenieri conoscono e per certi versi rispettano le balene (paradossalmente, visto che le hanno quasi portate all’estinzione), e c’è qualcosa di potente nel vedere la lotta tra questi animali immensi e gli uomini, entrambi consapevoli della possibilità di morire. Anche se, almeno io, ho avvertito anche la crescente crudeltà e il diminuire della dignità: non è come la caccia al bisonte degli indiani, l’animale non è una sfida o un degno avversario ma semplicemente una fonte di profitto.

Molto spesso, quando ho sentito parlare di Moby Dick, ho sentito parlare della lotta tra la natura e l’uomo, della guerra tra il capitano e la balena, entrambi campioni del loro elemento. 
Non sono d’accordo.
Moby Dick mi è sembrato soprattutto (ma non solo) una lunga lettera d’amore al mare, alla vita del marinaio, a un mondo che, col senno di poi, sarebbe scomparso. 
A Melville, più che inventarsi incidenti e roba varia per rendere più interessante il viaggio, importa spiegare perché e per come una baleniera funziona come funziona. La sotto-cultura dietro ai piccoli gesti. Cosa si conosce delle balene, come vengono percepite nel corso del tempo e sì, anche come si macellano.
I capitoli sono come link di approfondimento secoli prima l’arrivo di internet.

E poi c’è la Balena Bianca. Moby Dick.

Quando arriva è terribile: non è una balena stranamente grande, o di un colore particolare. Moby Dick è la creatura di una leggenda, la forza totale della natura, la voce vendicatrice delle balene.
Quella con Moby Dick non è una lotta alla pari nata dall’intrinseco rispetto come può essere quella tra il vecchio e il marlin. Non è una lotta alla pari perché la Balena Bianca è furba, perché non si limita a scappare ma attacca e attacca per prima. Non è alla pari perché è la natura che si pone sullo stesso piano dell’uomo, non viceversa. E cosa può l’uomo, di fronte alla natura unita all’astuzia?

E Ahab è un campione degli umani, ma non positivo: Ahab non rispetta la balena. La odia
Ahab è l’inseguimento folle di un sogno, senza curarsi di perdere tutto. E’ l’essere disposto a sacrificare non solo sé stesso, ma anche gli altri senza chiederlo perché non gli importa.

Non posso non fare un plauso al modo in cui Melville scrive: il suo stile sembra il punto di congiunzione tra la poesia e la prosa. Molti paragrafi sono una gioia da leggere.

In definitiva: se non vi piacesse, se vi annoiasse, se al decimo capitolo di fila di come si arpiona una balena o si fa un nodo volete buttare giù il libro e lasciarlo perdere… fatelo pure. E’ comprensibile.
Ma fatevi un favore: prima di abbandonarlo leggete gli ultimi capitoli. 
Leggete la battaglia finale tra il capitano Ahab e Moby Dick.

Nota: il nome del capitano può essere sia Achab che Ahab. Nella mia edizione c'è il secondo, e per questo l'ho usato nella recensione.







Libro di marzo per la sifda di lettura: Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

2 commenti:

  1. Uno di quei classici che non sono mai riuscita a leggere.
    E' nella mia libreria ormai da anni e non ho mai avuto il coraggio di prenderlo e leggerlo da cima a fondo, pur avendolo iniziato non so quante volte.
    Probabilmente è la narrazione lenta, soprattutto all'inizio che mi frena da morire.
    Magari un giorno o l'altro ci ripenso e mi metto d'impegno per leggere magari anche soltanto gli ultimi capitoli :)

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    1. Quello che ha salvato me dalla lentezza di alcuni capitoli è unicamente lo stile di Melville: imho scrive così bene che probabilmente mi piacerebbe anche la sua lista della spesa :P
      Cmq di tutti i libri ambientati in mare che ho letto, Moby Dick è l'unico dove non c'è neanche una tempesta: Melville è troppo preso a spiegare tutto quello che può della vita marittima per abbellire il racconto con intoppi random XD

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