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venerdì 22 marzo 2013

In the Flesh

Ultimamente sto guardando o leggendo cose che hanno a che fare con gli zombies.
E dire che a me gli zombies non piacciono neanche. O meglio, mi fanno paura. Parecchia paura.
Forse, considerando che si tratta di horror, che mi facciano paura vuol dire che fanno il loro lavoro e hanno colto nel segno.

In the Flesh è la seconda serie televisiva inglese che vedo trattare l'argomento (la prima è il geniale Dead Set), e lo fa in modo molto diverso.
In effetti, si può dire che è Warm Bodies per bimbi grandi: nel 2009 i morti sono risorti affamati di carne e cervello umani, ma dopo quattro anni la situazione sembra stabilizzata: è stato trovato un trattamento medico.
Grazie a una terapia sia medicinale che psicologica, i non morti sono in grado di ricominciare a pensare e provare sentimenti umani. La serie inizia quando, dopo la cura, inizia la parte della reintegrazione nella società.
Il protagonista è Kieran, un ragazzo affetto da "sindrome di morte parziale", alla vigilia del suo rientro in famiglia.

Il primo episodio riesce benissimo a mostrare il disagio che pervade questo nuovo mondo: tutti sono in qualche modo danneggati da quanto vissuto.
Lo sono i "vivi", che hanno visto il mondo cadere a pezzi e hanno lottato per riprenderselo. Lo sono i "morti", che hanno massacrato persone per anni e se lo ricordano.
In questa puntata si vede come le persone non siano così felici all'idea di riaccogliere a braccia aperte i cadaveri  rianimati con cui portavano avanti una guerra mortale fino a poco tempo prima e nel caso del protagonista la situazione è esasperata dal vivere in una piccola comunità rurale: isolati e abbandonati a sé stessi nel momento di maggior bisogno, gli ex combattenti non sono per niente entusiasti di vedersi piombare in casa i morti curati.

Dall'altro lato ci sono i defunti: è lampante che sono vittime predestinate perchè diversi, perchè hanno fatto cose orribili ed è difficile non considerarli responsabili.
Costretti ad assumere medicinali per assomigliare il più possibile ad un'umanità che non sembra disposta a riprenderli, bloccati letteralmente a metà tra due mondi, sono già affascinati dal movimento di ribellione e dalla droga che annulla gli effetti della medicina

I personaggi sono ben delineati: Kieran e il suo straniamento, i suoi genitori così spaventati ma determinati a proteggerlo, la sorella Jem (che ha combattuto contro gli zombies). Ma anche i "cattivi", i guerriglieri disposti ad uccidere i morti curati perchè tanto un morto è un morto.
Che cavolo, è stata la prima volta che la morte di uno zombie mi ha letteralmente spezzato il cuore... si prospetta un telefilm molto, molto triste.
E sta seriamente entrando tra le mie serie preferite, e ho visto un episodio e basta (saranno tre, per la cronaca).

I am a Partially Deceased Syndrome sufferer. And what I did in my untreated state was not my fault.

4 commenti:

  1. Sembra una serie davvero interessante e zompetto subito a reperire il primo episodio! *-* Chissà se riuscirà a riempire il vuoto che ha lasciato Being Human T.T
    Però uff...Solo 3 episodi? Gli inglesi iniziano ad essere davvero cattivelli, potrebbero arrivare almeno a 6 episodi dato che quasi sempre la qualità è di casa. Ogni volta aspettare un anno intero, se non di più, è una sofferenza.

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    1. Se procede come è cominciata il buco lasciato da Being Human è sicuramente riempito :) e hai ragione, gli inglesi potrebbero anche farle un po' più lunghe le loro serie :(

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  2. Però, sicuramente mi ispira un bel po'! :D Anche se a dire il vero devo ancora vedere "Dead set", non ho ancora fatto in tempo! XD Cercherò di guardarle tutte e due appena avrò una tregua dal lavoro, tanto più che entrambe le serie sono così brevi! :D

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    1. Le serie inglesi sono perfette per quando si ha poco tempo, sono smepre corte. Poi ti fanno soffrire per gli eventuali seguiti T^T

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