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mercoledì 3 agosto 2016

Grail Prince

Grail Prince, di Nancy McKenzie.

Questa sarà difficile.

"The wheel is turning and the world will change... And a son of Lancelot, with a bloody sword and a righteous heart, shall renew the Light in Britain before the descent of savage dark..."  
So spoke the Lady of the Lake. Now her grim prophecy is coming true. King Arthur lies dead, struck down along with Mordred, his son and heir, and the greatest knights of Camelot. Of that peerless company, only Lancelot survives, a broken man who has turned his back on Britain and his forbidden love of Guinevere. Yet one knight, scarcely more than a boy, fights amid the ruins to keep Arthur’s dream alive: Galahad, the son of Lancelot.
Before his death, Arthur swore the young knight to undertake a quest: a search for the scattered treasures of an ancient king. On the recovery of these powerful relics–a grail, a spear, and a sword - hinges the future of Britain. But it is the past that torments Galahad. He cannot forget or forgive his father’s betrayal of his king. Nor can he banish thoughts of the intoxicating Dandrane, sister of his friend Percival, from his mind. Yet only a man pure in heart can fulfill the prophecy of the Lady of the Lake.
Not since The Mists of Avalon has an author so brilliantly reimagined and brought to life the enduring Arthurian legends. Weaving back and forth through time, from Arthur’s mighty reign and commanding influence to Galahad’s ultimate quest to preserve the destiny of a nation, The Grail Prince is an unforgettable epic of adventure and romance, of clashing swords and hearts set in a magical world as deadly as it is beautiful.


Ho letto Queen of Camelot nel 2012 (le mie prime recensioni... incredibile quanto non fossi logorroica), ossia abbastanza tempo fa per ricordarmi le seguenti cose: che l'Arthur della McKenzie era notevole, che ha la tendenza a fare dei suoi protagonisti delle Mary Sue stranamente sopportabili, e che - nonostante tutto - il libro mi era piaciuto.
Per il resto è passato troppo tempo perchè riesca a ricordare i dettagli precisi, e ho affrontato il seguito con un po' di confusione su un paio di dettagli: è l'autrice che si è contraddetta, o sono io che attribuisco al retelling sbagliato una determinata scena?
Galahad con un angelo
Propendo per la seconda, ma andiamo avanti: questo libro è uno di quelli che mi mette un po' in crisi perchè i difetti fanno pari coi pregi, e quindi non riesco a dire né che non mi è piaciuto, né che mi è piaciuto. Lo consiglierei? Se si è fan di Galahad sicuramente sì, a tutti gli altri...boh.
Partiamo coi pregi: è scritto bene. Lo stile della McKenzie mi è piaciuto prima e mi è piaciuto adesso, riesce a mettere a suo agio il lettore e a costruire un'ambientazione crudele senza sottolinearne troppo la violenza. In più a questo giro ha dimostrato che, se ci si mette, riesce anche a scrivere personaggi complessi: Ginevra era una santa - né più né meno - e Galahad assolutamente no. Il che è intrigante, visto che stando al mito il ragazzo è così perfettamente perfetto e puro che non solo trova il Graal, ma lo può pure toccare. Insomma, può essere complicato rendere interessante uno come lui.
Il Galahad della McKenzie è virtuoso e puro, ma è anche inqudrato come pochi e vive le conseguenze del terribile matrimonio tra Elaine e Lancelot. Troppo giovane per capire le complesse ed autolesioniste dinamiche tra i due, da bambino si trova con una madre che soffre perennemente a causa di un padre che non c'è mai (e quando c'è peggiora le cose), la cui mancanza si spiega con il suo voler essere assieme all'altra. Galahad è la vittima inconsapevole ed incolpevole in una relazione che non può essere terminata, e in cui è troppo facile trovare un caprio espiatorio - anzi, due.
Lancillotto e Ginevra, e quelli che il prezzo del loro amore lo pagano anche dopo Camlann e la caduta di Camelot.
 
La cerca del Graal, a sorpresa, non è al centro della storia: al centro c'è questo ragazzo, poco più che un bambino quando il sogno è finito nel sangue, che in qualche modo cerca di farlo rivivere, e attraverso di lui vediamo il declino della Britannia, e quello che è venuto dopo Arthur. Il buio attraverso gli occhi di chi ha visto la luce, e la storia di un ragazzo che diventa uomo cercando di comprendere i traumi della sua infanzia, di fare pace col suo passato e guadagnarsi così il futuro.

La McKenzie, tra l'altro, ne approfitta per fare anche un'altra cosa: nel precedente libro la caduta di Camelot era tutta dal punto di vista di Ginevra, e Camlann direttamente per sentito dire. Questo libro, invece, si muove su due linee temporali: gli anni dopo Artù, e quelli che hanno preceduto la sua morte, ed essendo stavolta il punto di vista qualcuno che sul campo di battaglia non c'è proprio stato, ma quasi... finalmente possiamo vedere l'altro lato. E sì, la McKenzie scrive delle grandi Mary Sue, e sì, la caduta di Camelot l'ha ripresa paro paro dalla Stewart... ma cavolo se non sa scrivere Arthur. Lo scrive così bene che la cosa più assurda è che a Ginevra piaccia pure Lancillotto.
Livello di immedesimazione con Gwen: ma sei scema?
Ma ora occorre passare alle noti dolenti: la prima è che, nonostante tutto, non si capisce quale sia il punto del libro. Cosa vuole raccontare? È solo in minima parte un retelling della cerca del Graal, e come seguito per vedere dove sono i personaggi che abbiamo imparato a conoscere... beh, vista la mattanza con cui si chiude il ciclo arturiano sarebbero bastate 100 pagine a stare larghi.
Aggiunge retroscena ad una sottotrama che - leggendo il primo volume - non sembrava averne bisogno, ed è troppo concentrato sul protagonista per essere un'espediente con cui narrare quello che succede nell'ambientazione intera dopo la morte di Artù.
Quanto al protagonista, beh, è uno che si vedeva poco e di cui importava poco, motivo per cui - come dicevo prima - non è un libro per persone che non hanno mai letto niente di questo particolare mito o che non gli interessa niente di Galahad.
Poi c'è stato lo scarso uso di Parcival e Dandrane: lui adorabile patatino che però perde tutta la sua importanza, lei... beh, diciamo che se la protagonista era Dandrane il libro finiva in tre capitoli, con lei incoronata regina della Britannia e non per matrimonio. La fanciulla riesce a:
- mandare a Camlann suo fratello nonostante il parere contrario del padre (che era un re, mica il primo scemo del villaggio)
- capire le implicazioni politiche della lunga reggenza dello zio, e soprattutto dell'ambiziosa zia
- fare il contropiano
- mettere suo fratello sul trono senza spargimenti di sangue
- dire a Galahad che sua madre non era una santa e suo padre non è il demonio
E nonostante tutto il suo ruolo è il love interest, e le sue azioni servono solo a renderla all'altezza di Galahad.
Per andare - però - ai due punti che mi ha fatto alzare gli occhi al cielo e scadere il libro, devo entrare nel magico regno dello spoiler.

Insomma, un libro con tante belle cose che però alla fine mi ha lasciato l'amaro in bocca.

2 commenti:

  1. Devo citare George Martin: ha fregato tutti con i suoi personaggi, non totalmente buoni, non totalmente malvagi. Ho avuto dei ripensamenti perfino su Cersei, vedi un po' tu.
    Quindi tutti gli altri scrittori si sono ritrovati fregati, ah! Quanto odio questa sorta di redenzione che ti deve portare per forza a incolpare qualcun altro. Jaime non negava di aver fatto degli errori madornali e li rimpiange tutti.
    Quanto al libro in sé... Ooooh, una buona caratterizzazione di Arthur, come mi rende felice. Magari sono una decina di pagine, ma lol.
    E Dandrane! Si prospetta come la Lyanna Mormont del libro XD

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    1. Ti dirò, io Cersei non l'ho rivalutata per niente, anche se mi diverto un sacco coi suoi capitoli u_u
      La McKenzie non è una cattiva scrittrice, però è diversa e meno complessa di Martin. Quanto alla redenzione... qui sono io che mi sono spiegata male: il pg che viene "redento" non si vede improvvisamente cancellati tutti i peccati, ma vengono approfondite le sue motivazioni e i suoi stati d'animo (anche se non apprezzo particolarmente il modo in cui è stato fatto, e in definitiva per me era un troppo poco e troppo tardi).
      Lo Stronzo™ di questo libro non si prende le colpe del precedente, ma gliene vengono tirate addosso di nuove per un motivo che - senza scendere nei dettagli - si può riassumere con "mi sono messa all'angolo da sola, per uscirne mi serve un personaggio a cui dare la responsabilità di tutto così che basti risolverla con lui/lei per arrivare all'epilogo che voglio".

      Su Arthur: non appare per una decina di pagine ma in molte di più. È un personaggio importante nel flashback, e la McKenzie ha l'abilità di renderlo magnetico pur tenendolo in secondo piano quindi te lo godi anche quando non è al centro dell'attenzione. E in caso appare tantissimo nell'altro libro XD

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