Pagine

giovedì 29 settembre 2016

Un gioco da bambini

Un gioco da bambini, di J.G. Ballard.

Wow.

Nel 1988, nell’esclusiva e nuovissima residenza del villaggio di Pangbourne, pochi chilometri fuori Londra, si verifica un massacro: trentadue adulti vengono trovati morti. Sono stati brutalmente uccisi nonostante i dispositivi di sicurezza e i loro tredici figli adolescenti sono scomparsi. Il delitto pare perfetto come il luogo in cui si è consumato, ed è durato solo pochi minuti. Nessuno sa come sia stato possibile e ne riesce a immaginare il motivo. Ma forse la risposta si trova nel fatto che in una società totalmente sana, in un contesto di ricchezza e abbondanza, dove tutto è predefinito e organizzato per ottenere il massimo della felicità, l’unica via di scampo è la follia. E forse sotto l’apparente perfezione si cela una realtà ben diversa. Per risolvere lo sconcertante caso, la polizia chiede l’aiuto di un consulente psichiatrico, il dottor Richard Greville. E saranno le sue indagini a svelare uno scenario inquietante cui nessun vuol credere, giacché sotto l'apparente perfezione pare celarsi una realtà ben diversa.

Era da tanto che volevo leggere Ballard, autore in cui mi imbatto ogni volta che butto un'occhio nella sezione fantascienza di qualsiasi libreria. E cavolo  se non dovevo farlo prima e se non comprerò sicuramente altri libri di quest'uomo.
Un gioco da bambini è un libro incredibilmente breve: 92 pagine, stampate su carta spessissima per farlo sembrare un po' più corposo. È così breve che la domanda sorge spontanea: ce la può fare, in così poco spazio, a raccontare tutto?
A mio avviso sì, anche se in modo un po' atipico.
La trama è esattamente quella della quarta (niente spoiler né informazioni ingannevoli): in un quartiere residenziale di lusso tutti gli adulti vengono brutalmente uccisi mentre i ragazzi spariscono misteriosamente - probabilmente rapiti. Il caso - tenendo conto della violenza, del ceto delle vittime e dell'ignoto destino dei ragazzini - diventa IL caso mediatico. Poichè la polizia non riesce ad approdare da nessuna parte, per la disperazione viene convocato lo psichiatra Richard Greville nella speranza che riesca a dare una svolta alle indagini.
Noi vediamo tutto attraverso gli appunti e i pensieri del dottore, cosa che porta ad un'analisi e una ricostruzione del delitto pragmatica, quasi asettica. Conosciamo le vittime in quanto tali, non vengono umanizzate e non sappiamo niente di loro, se non i dati oggettivi e le supposizioni altrui.
Questa particolarità, che a prima vista potrebbe sembrare un difetto, è invece uno degli elementi che rendono la lettura diversa dalle altre e fa quasi sembrare la storia una ricostruzione di eventi reali. Noi osserviamo e ricostruiamo azioni e movente, ma ci è concesso entrare solo nell'indagine. Il fulcro di tutto, il delitto e chi l'ha compiuto sono una specie di bizzarro animale che possiamo studiare senza comprenderlo davvero.
È stato bizzarro. Quando leggi sei abituato a sfondare quel sottile muro rappresentato dalla pagina per entrare in un'altro mondo (almeno per me: so che un libro non mi piace quando sono costantemente consapevole di essere seduta da qualche parte a leggere), mentre qui è come se una volta entrato te ne trovassi di fronte un'altro, invalicabile. Credo che questa costante sensazione di alieno, di essere di fronte a qualcosa di incomprensibile anche se si capisce chi è il colpevole dopo tre pagine, fosse esattamente ciò a cui mirava l'autore.
Un'altra cosa notevole è l'ambientazione: l'Inghilterra alla fine degli anni '80.
Ballard ha scritto distopia ambientata nel nostro mondo: Pangbourne è un microcosmo, un piccolo mondo a parte con regole ed apparenze diverse da quello che sta fuori. Una piccola utopia, dove tutto è bello e pulito, dove la vita degli abitanti è regolata fino all'ultimo minuto per essere produttiva e felice, dove i sentimenti forti, confusi, autentici, non sono benvisti. Una distopia senza malizia che crea una ribellione senza controllo, con conseguenze più che impreviste sulla psiche di un gruppo di ragazzini a cui viene costantemente impedito di provare qualcosa di negativo.
Una lettura interessante, che consiglio. Anche se non dovesse piacervi, leggerlo vi prenderà un pomeriggio.

4 commenti:

  1. Non ne avevo mai sentito parlare, ma è un esperimento che mi intriga...
    Dal momento che è così breve, e che lo consigli, lo metto subito in lista: sto attraversando un periodo, abbastanza inusuale per me, in cui non riesco a finire niente di quello che comincio. Magari un titolo così atipico e snello potrebbe aiutarmi a rimettermi in carreggiata! ^^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Nonostante sia così corto mi ha coinvolto tantissimo: me lo sono portato in borsa nonostante sia un cartaceo (nella mia borsa ormai il posto d'onore spetta al kindle). Imho potrebbe aiutarti in questo periodo inusuale: teoricaente è così corto che dovresti finirlo prima ancora di esserti accorta di averlo iniziato XD

      Elimina
  2. Ammetto la mia ignoranza, perché questo autore me l'ero completamente perso! Ma ora me lo segno, perché mi hai incuriosita!!!! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io ho realizzato di averlo rimosso: mettendo in ordine le recensioni mi sono accorta che anni fa ho letto Vento dal nulla, il suo romanzo d'esordio O_O
      Che dire, pare proprio che le ambientazioni particolari siano la sua specialità :)

      Elimina