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venerdì 8 febbraio 2019

La figlia del tempo

La figlia del tempo, di Josephine Tey.

Della serie, se sono gialli normali non li vogliamo.

Forse perché in Italia solo da poco tempo il racconto «giallo» ha vinto ogni discriminazione che lo esiliava dalla parte nobile della repubblica delle lettere, il nome di Josephine Tey da noi non ha una notorietà all'altezza della sua importanza. Si pensi che, in un catalogo critico di una decina di anni fa, introdotto da Patricia Highsmith - Crime & Mistery -, questo La figlia del tempo è citato fra i cento migliori polizieschi di tutti i tempi. Dagli anni Trenta ai Cinquanta, infatti, la Tey è stata una creatrice di grande forza innovativa, con l'invenzione del suo personaggio, l'ispettore capo Grant, che unisce l'aristocratico talento del venerando detective dilettante alla tenacia da segugio del poliziotto londinese che ama perdersi nella nebbia. Non c'è nebbia però in questo racconto, diventato una sorta di esemplare irripetibile nella storia del poliziesco. L'ispettore capo Grant è costretto in ospedale per un banale incidente e si annoia a morte. Un'elegante amica gli porta delle stampe che lo distraggano. Tra queste il ritratto di Riccardo III, famigerato sovrano inglese del XV secolo di cui la storia narra che fece uccidere i nipotini per impadronirsi del trono. Ma c'è qualcosa in quel viso, in quella postura, che accende l'intelligenza del raffinato detective e la pietà del poliziotto. E studiando carte, testi e documenti, Grant scopre quanto la verità sia figlia del tempo: il tempo, che distorce e che riabilita.

Ho letto per la prima volta questo libro qualche anno fa, dopo aver realizzato che sì, la Guerra delle Rose mi interessava. Non ricordo con esattezza cosa mi aspettassi, ma ricordo bene che non era quello che poi ho trovato e no, non per i contenuti.
La figlia del tempo mi spiazzò, partendo dal fatto che è il quinto di una serie ma nessuno si è preso la briga di dirlo chiaramente da qualche parte. In realtà è poco male, perché data la particolare struttura della storia ciò non ha conseguenze tragiche: tecnicamente da per assodato che tu conosca i personaggi, ma all'atto pratico ti chiede di accettare la premessa che un uomo adulto abbia amici e colleghi di lavoro con cui si trova in rapporti cordiali. Non è necessario spingersi tanto più in là, visto che tutto si svolge in una stanza.
Il protagonista è l'ispettore Grant, ricoverato in ospedale dopo essersi rotto una gamba, e dato che siamo negli anni '50 questa è una mezza tragedia: niente internet, wi-fi, cellulari... tutto ciò che usiamo per passare il tempo in caso di necessità non esiste, e e Grant sta impazzendo dalla noia, ben deciso a portare con sé tutto il personale medico.
In suo soccorso giunge l'amica Martha, che gli propone una sfida: scegliere un mistero "classico" e provare a risolverlo per ingannare il tempo. Complice la stampa di un ritratto, Grant si interessa a Riccardo III e alla scomparsa dei principi nella torre, ed inizierà quindi un'indagine prettamente accademica per capire cosa sia successo nel lontano 1483.
Si tratta, come potrete intuire, di un giallo molto atipico dato che il personaggio principale è confinato a letto e tutti quelli coinvolti nel delitto sono morti da qualche secolo. Però a me è piaciuto molto: è stato interessante vedere come un'indagine del genere potesse svolgersi; è tutta una ricostruzione delle fonti storiche, di analisi di quello che poteva essere e si può razionalmente dedurre da tali fonti, cercando di dare un senso a tutte le contraddizioni che emergono via via che si va avanti.
Il titolo, che all'inizio sembra piuttosto bizzarro, si riferisce alla verità: siamo di fronte ad un tentativo di riabilitare la figura di Riccardo III, ma ci arriviamo gradualmente: noi vediamo come la missione di Grant fosse - inizialmente - quella di capire perché Riccardo avesse deciso di uccidere i nipotini, salvo scoprire con sincera confusione che di prove che lo inchiodassero non ce n'erano, e che in definitiva non era per niente scontato che fosse stato lui. Ma la propaganda (vedi Shakespeare) ha fatto sì che tutti lo condannassero, e il tempo ha cementato il verdetto nell'opinione comune.
Noi seguiamo Grant e la ricerca quasi disperata di uno storico contemporaneo di Riccardo che non fosse parziale (non sto scherzando, è un plot-point importante sul serio), e il suo sgomento nel rendersi conto che la maggior parte delle fonti ritenute attendibili, quelle stampate nei libri di storia scolastici, provengono dall'epoca dei Tudor e quindi sono di parte. Ma non è solo questo: c'è anche il fatto che la gente, ormai, ha talmente assimilato la nozione che Riccardo III ha ucciso i nipoti da non essere disposta ad accettare, come collettività, il dubbio.
Nonostante il libro mi sia piaciuto sia per la particolare struttura che per le riflessioni che propone, c'è un dettaglio che non ho apprezzato particolarmente: ho visto abbastanza gialli in tv da sapere che se smonti la teoria che incastra il principale sospettato, devi essere in grado di proporne un'altra perché il pubblico ti segua: il "non è stato lui, non sapremo mai chi è stato" non funziona, e quindi la Tey si fa portavoce della teoria secondo cui i bambini furono fatti uccidere da Enrico VII. Che può anche essere interessante, non fosse che per renderla credibile la sua figura viene totalmente svilita e spogliata di ogni lato positivo, esattamente come - nell'ottica della storia - è stato fatto per Riccardo.
E sapete? Non so neanche se è voluto, per far vedere che anche i migliori cadono nello stesso giochetto, o se è un modo per mostrare ai detrattori di Riccardo più irriducibili come funziona il meccanismo applicandolo a qualcun altro.

Insomma, un libro che ho apprezzato molto ma che non consiglio a scatola chiusa: si tratta pur sempre di un tizio bloccato a letto che legge libri, ci rimugina sopra, e ne discute con con altre persone (a cui magari neanche interessa quello di cui sta parlando): secondo me o piace, o annoia fino alla morte.

3 commenti:

  1. E questo finisce dritto dritto in wishlist. So che c'è un'alta probabilitá che finisca per annoiarmi a morte, ma sono comunque troppi curiosa!

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  2. Mi hai incuriosito molto con questa recensione! Curiosa coincidenza: ho in lista tra e mie prossime letture, per via di una sfida, proprio il Riccardo III di Shakespeare!

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