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venerdì 16 giugno 2017

A little in love

A little in love, di Susan Fletcher.

Il retelling più inutile della storia dei retelling inutili.
Spoiler.

Paris, 1832. A girl lies alone in the darkness, clutching a letter to her heart. 
Eponine remembers being a child: her swing and the peach tree, and the baby brother she loved. But mostly she remembers being miserable. Taught to lie and cheat, and to hate the one girl, Cosette, who might have been her friend. 
Now, at sixteen, the two girls meet again, and Eponine has one more chance. But what is the price of friendship - the love of a boy? 
Inspired by Victor Hugo’s classic, Les Misérables, A Little in Love beautifully conveys the heartbreaking story of street girl Eponine.

In cosa mi sono cacciata.
Premessina che è tanto che non lo dico: I Miserabili è il mio libro preferito. Per tutta la vita ho avuto decine di libri preferiti (cavolo, li ho ancora), ma ricordo distintamente che - una volta arrivata alla fine del mattone di Hugo - un pensiero è sorto spontaneo nella mia mente: "Oh. Allora è questo IL mio libro preferito".
Per cui il suo retelling YA era qualcosa che non potevo lasciarmi sfuggire, esattamente come quello di Anna Bolena ed Enrico VIII, o quello di Romeo e Giulietta nemici mortali.
Ma voglio lasciare da parte i miei sentimenti personali per fare una considerazione, ossia: che senso ha farne uno su questa particolare opera? I Miserabili è lungo più di mille pagine, cosa si può approfondire, o raccontare di nuovo, in meno di trecento?
Per via della complessità del "materiale d'origine", i personaggi di Hugo sono tra quelli che meno necessitano di una nuova voce, e se ne hanno una è perchè qualcuno ha cambiato media (il musical). Eponine non ha bisogno di essere messa sotto i riflettori, e soprattutto non di esserci messa in questo modo. Ha già sofferto abbastanza, per la miseria.
Com'è A little in love? Per molti versi è come me lo aspettavo: inutile, non aggiunge niente e - avendo letto ciò da cui è tratto - irrispettoso nei confronti di Hugo.
Non mi aspettavo, però, che fosse anche fastidioso (o forse, in questo caso, la mia soglia di tolleranza è più bassa): la Fletcher non ha rielaborato niente, limitandosi a riassumere gli eventi col pov di Eponine - qui voce narrante.
La cosa non funziona molto bene, anche perchè ogni volta che l'autrice avrebbe avuto un po' di spazio di manovra (in virtù del fatto che Eponine è un personaggio secondario, e poi ad un certo punto c'è un salto temporale) lo sfrutta malissimo, con i Thenardier che - costretti a fuggire dopo un omicidio - vivono nei boschi per sei anni, roba che Jean Valjean levati, a te non ti cerca nessuno a confronto.
Sul serio: ci mettono sei anni a concepire il piano "andiamo a Parigi e cambiamo nome, sanno assai chi siamo". Anche Valjean ci ha messo meno a dire "fanculo, io cambio identità e mi rifaccio una vita", e aveva Javert a dargli la caccia (e il destino a ficcarli sempre nella stessa città), non il Gendarme Generico™.
Comunque il problema principale non è la scarsezza dei contenuti: il problema pricipale è la banalizzazione di tutto quello che rende Eponine un bel personaggio, unito al fatto che l'autrice sbaglia pure la categoria di generalizzazione. Se proprio dovessimo ridurre questa ragazza ad uno stereotipo, sarebbe la bad girl. È indurita dalla vita, Eponine, una che è un miracolo che riesca a provare un sentimento come l'amore, e che ad ogni modo non le porta nulla di buono. È una dei miserabili del titolo, con tutto ciò che di negativo la condizione si porta dietro, che non merita niente di quello che le capita anche se non è concentrato di virtù.
Questo rende Hugo grande: non ha denunciato il suo tempo scrivendo di quanto sono buoni e virtuosi i poveri, lui ha scritto personaggi realistici, che sono esattamente quello che la morale condannava... e sbatte in faccia che non se lo meritano.
La Fletcher questo non lo capisce, o non lo sa fare: lei prende Eponine e la trasforma in una santa, e così facendo le fa perdere tutto il suo fascino.
In A little in love Eponine è buona fino alla nausea, ma non ha scelta se non comportarsi da cattiva perchè i suoi genitori sono un incrocio tra Satana e un villain Disney senza fascino: Madame Thenardier si lancia in discorsi allucinanti su come diserederebbe la figlia se dimostrasse un briciolo di onestà, oppure fa deliranti monologhi su come trasformerà Cosette in una schiava che manca giusto la risata e il baffo da arricciare.
Eponine, dal canto suo, ha edificanti battute in stile che essere gentili fa sentire bene, e cerca di fare ammenda per i suoi furti compiendo buone azioni ed annaffiando le piante. Alla fine diventa una fervente sostenitrice del fatto che ad aria e bontà si vive benissimo: una volta abbandonata la famiglia si dice felice e sollevata anche se dorme per strada e sopravvive chiedendo l'elemosina. Ma può essere apertamente buona e questo fa pari con fame, freddo e malattie.
Una pioggia continua di becero buonismo e banalità che può funzionare - forse - con una dodicenne alle prese con il suo primo libro ever.
Un altro problema è dato dal fatto che il libro parla di Eponine, e solo di lei: siamo con la prima persona di un personaggio secondario e con un'autrice che non riesce a darle una storyline fuori da quella di Hugo. Si può facilmente intuire che la trama risulta incompleta: Eponine, quando lasciata a sé stessa, sospira su Marius e affronta dilemmi morali come "cosa mangio se non lavoro, non rubo e non mi prostituisco?" senza però che se ne veda mai la soluzione (e infatti il mio dilemma era "Come fai a non essere ancora morta di fame se non lavori, non rubi e non ti prostituisci? In fin dei conti Fantine muore facendo tutto questo"); la rivoluzione semplicemente ad una certa succede; nella quarta parlano del rapporto tra Eponine e Cosette e boh, hanno una scena insieme; qualunque mistero introdotto non ha soluzione perchè non riguarda la protagonista.
Davvero, se non si è letto I Miserabili o guardato il musical non si saprà mai:
  • cos'è successo a Fantine
  • chi è Jean Valjean, perchè ha salvato Cosette e perchè si sta nascondendo
  • perchè Javert ha un nome e delle battute se appare una volta sola
  • cosa succederà a Marius, Cosette e Gavroche
Già, perchè il libro finisce con la morte di Eponine e la Fletcher non si prende il disturbo di dare un'epilogo a, non so, tutti gli altri. È come se avesse voluto fare una di quelle novelle 0.5 o 1.5 che vanno di moda perchè Hugo non è stato abbastanza lungimirante da farne una lui.
Alla fine si tratta del retelling più inutile del mondo, di una superficialità sconcertante, il cui unico lato positivo è che potrebbe invogliare qualcuno a leggere il libro da cui è tratto.

Note sparse: per qualche motivo Valjean usa il suo vero nome anche se è ricercato e condannato all'ergastolo; a Parigi i Thenardier vivono in un buco spazio-temporale in cui è sempre inverno a prescindere da tutto; c'è una scena imbarazzante in cui Eponine prova a rubare i candelieri di Digne.

4 commenti:

  1. Ciao! :) non conoscevo il libro e ora credo che lo eviterò come la peste. In compenso mi hai fatto venir voglia di andare a riguardare il musical! :)

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    1. Merita di essere evitato come la peste, anche se ha il lato positivo di far venire voglia di riprendere in mano I Miserabili...

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  2. ...ma l'autrice "I Miserabili" l'ha letto? O.o
    Da come hai riassunto il libro non sembrerebbe.
    Io sono tendenzialmente incuriosita da tutto ciò che riguardi Hugo e "I Miserabili", ma questo libro dubito che lo cercherò con particolare lena, diciamo così.

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    1. All'inizio pensavo che avesse solo visto il musical, ma ci sono alcuni dettagli prefenti solo nel libro (tipo che Gavroche è fratello di Eponine) perciò sospetto che l'abbia letto ma non ci abbia capito nulla.

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