Pagine

mercoledì 5 dicembre 2018

Cassandra

Cassandra, di Christa Wolf.

Questo libro è uno di quelli che - per me - rientrano nei relativamente recenti (1983), ma che in termini di blogsfera e booktube è vecchissimo. In effetti non so come considerarlo: da persona che di base passa da classici che già l'Ottocento mi sembra moderno e YA usciti ieri senza in-between (a parte la letteratura di genere), e che solo recentemente ha iniziato ad esplorare la narrativa del ventesimo secolo senza un professore che mi obbligasse, non so proprio se Cassandra è un libro vecchio o no.
Comunque io l'ho preso perché mi sono innamorata della cover.

Cassandra, la veggente figlia di Ecuba e di Priamo, racconta il tramonto e la rovina della sua città e si affollano alla memoria la traversata dell'Egeo in tempesta, l'arrivo a Troia delle Amazzoni, i delitti di Achille la bestia, la rottura con il padre Priamo accecato dal meccanismo inarrestabile della guerra, la vita delle comunità femminili sulle rive del fiume Scamandro, l'amore con Enea. «Sentivo Cassandra come una figura molto significativa per il nostro tempo. Durante un viaggio in Grecia ho visto Micene, ho vissuto con tutti i sensi il paesaggio che era stato di Cassandra. Mi ha interessato cogliere il punto cruciale, alla nascita della nostra cultura, in cui è cominciata quell'alienazione che adesso ci porta vicini all'autodistruzione. Mi ha interessato il momento in cui, con l'avvento della società patriarcale e gerarchica, l'espressione letteraria femminile sparisce per millenni».

In effetti la cover mi è piaciuta talmente tanto che l'ho preso praticamente a scatola chiusa, tant'è che all'inizio pensavo che fosse un libro di narrativa, una specie di retelling per bimbi grandi. Invece Cassandra è un lungo monologo, e nemmeno di quelli coerenti: la storia comincia dalla fine. Troia è caduta, i suoi abitanti morti o resi schiavi dagli Achei, i vincitori sono tornati a casa (tranne uno che ben conosciamo).
Ma c'è qualcuno che sa che la sua storia non è ancora finita, non del tutto: Cassandra, figlia di Priamo, sacerdotessa di Apollo, veggente condannata a non essere mai creduta.
Prigioniera di Agamennone, Cassandra sa che non vedrà il giorno dopo, che la regina Clitennestra ucciderà il marito e il suo seguito, e lei - figlia di un re caduto - assieme ai suoi bambini.
I sentimenti di Cassandra sono difficili da comprendere, anche se noi siamo letteralmente dentro la sua testa: non vuole morire, cerca piccoli modi di ritardare l'inevitabile (ad esempio entrando nel palazzo il più tardi possibile, sapendo che non ne uscirà), ma contemporaneamente non desidera davvero vivere, non dopo quanto accaduta alla sua famiglia e alla sua città. Tuttavia, allo stesso tempo, anche dire che sia rassegnata non corrisponde esattamente al vero: la ragazza sembra - semplicemente - consapevole in modo totale del fatto che nulla di ciò che farà o dirà potrà cambiare il suo destino: la regina non la odia, ma non potrà permetterle di sopravvivere perché è così che vanno le cose, e Cassandra non ha intenzione di umiliarsi chiedendo una pietà che non arriverà mai.
Quindi la nostra povera, tragica, eroina ripensa alla sua vita, restituendoci quello che è una specie di flusso di coscienza. Seguendo il filo dei ricordi vediamo l'infanzia, l'adolescenza, il sacerdozio.
Il rapporto coi genitori, coi fratelli e le sorelle, col Dio.
La scoperta dell'amore e della sessualità.
La guerra che prima è un concetto astratto, poi una traumatizzante realtà.
In tutto questo lei, Cassandra, che guarda il mondo come un meccanismo da capire e da cui non viene capita, a volte con l'impressione che la preveggenza sia più una fortissima capacità di comprendere l'animo umano che una vera e propria maledizione di Apollo.
L'ho trovata tanto umana, questa giovane donna che vede il suo mondo cadere a pezzi senza poterci fare nulla, che Christa Wolf ha deciso di raccontarci. Si guarda indietro con occhio critico, sembra voler raccontare la storia di chi ha amato e l'ha amata per donare loro l'immortalità, con la sofferta consapevolezza che un fiume di pensieri, un'analisi personale ed intima, non potrà mai farlo, così come non potrà annientare gli odiati Achei, in particolare Achille la bestia.
E fino a questo punto il libro sarebbe stato interessante: per il personaggio, cosa racconta, come lo racconta.
Poi, però, c'è la marcia in più: lo stile di Christa Wolf. Questa donna scriveva benissimo: aveva una ricchezza del linguaggio notevole, una vena poetica che mi ha colpita al cuore, e la capacità di scrivere frasi, pagine, che sono semplicemente belle. Si vede che "cosa si scrive" e "come si scrive" sono due aspetti distinti, in un libro: non c'è solo la storia, la trama, ma anche la bellezza del linguaggio.
Ogni riga è una citazione.
Lo consiglio tantissimo.

6 commenti:

  1. Ma sai che non lo conoscevo? E sai che è cosa grave, perché io amo moltissimo la storia antica, pur non amando i romanzi storici? Subito in lista, sperando davvero di leggerlo entro l'anno.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se può rassicurarti, non penso che questo libro rientri nella categoria "storici"; cmq sì, mettilo in lista perché merita davvero :)

      Elimina
  2. Da una parte mi ispira tantissimo (e dopo la tua bellissima recensione non poteva essere altrimenti!) ma dall'altra non so... Il flusso di coscienza non fa per me. Magari vedo se riesco a reperirlo in biblioteca1

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il flusso di coscienza non fa impazzire neanche me, ma tieni conto che qui è molto leggero... diciamo che se i due estremi fossero la narrazione in prima persona da una parte e Joyce dall'altra, tenderebbe di più verso la prima persona :)

      Elimina
  3. E aggiungiamo pure un altro libro alla wishlist! xD

    RispondiElimina