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mercoledì 25 settembre 2019

Streghe all'estero

Streghe all'estero, di Terry Pratchett.

Poiché sono una persona che non porta rancore per il fatto che il suo autore preferito sia sconosciuto in Italia a causa del comportamento della casa editrice che dovrebbe pubblicarlo: le note a piè di pagina che ti spiegano il mondo e ti fanno morire dal ridere nel mentre Terry Pratchett le usava prima di Jay Kristoff.
Sappiate che quando dite che è una cosa geniale ed innovativa mi triggerate tantissimo.

C'era una volta una fata madrina di nome Desiderata che aveva un cuore d'oro, una mente saggia e una scarsissima capacità di fare piani a lungo termine. Così, quando Morte venne per lei, si trovò a dover lasciare la sua figlioccia nelle mani di un'altra - molto ma molto meno buona e saggia - fata madrina sostituta... Così adesso spetta alle tre streghe Magrat Garlick, Nonna Weatherwax e Tata Ogg il compito di saltare sulle loro scope (almeno quelle su cui non bisogna prendere la rincorsa per farle decollare) e dirigersi verso la lontana Genua, per fare in modo che una povera servetta strapazzata dalle sorellastre non sposi il principe dopo il gran ballo di corte. Il compito, pur sembrando abbastanza semplice (in fin dei conti milioni di ragazze non sposano principi) si rivelerà decisamente più complesso del dovuto. Già, perché viaggio, nani, vampiri e lupi a parte, pare proprio che le servette debbano sposare i principi. Tutto ruota intorno a questo. E non si può combattere contro un lieto fine. Almeno fino ad oggi...

C'è qualcosa di magico nel modo in cui Terry Pratchett inizia una storia stravolgendo le basi in maniera così naturale che solo a posteriori ti rendi conto che, in effetti, qualcosa non è andato come andrebbe di solito: lo avevo già notato nello splendido Il triste mietitore, dove Morte dovrebbe essere il protagonista e invece lo troviamo in quella che - nel grande schema degli eventi - è una sotto trama. E lo noto di nuovo qui, dove l'epico scontro tra bene e male, una guerra tra due fate madrine andata avanti per decenni... viene affidata a tre persone che c'entrano poco o niente, che quasi non hanno un vissuto con chi, invece, questa storia l'ha creata.
Erano sei libri che non vedevamo le streghe sotto i riflettori, e ora che sono di nuovo qui è come se non fosse passato un giorno... almeno per Nonna Weatherwax e Tata Ogg, che con la loro granitica certezza sono ineluttabili molto più di Thanos e Iron Man messi insieme.
Per Magrat le cose sono leggermente diverse: la giovane strega è un groviglio di insicurezze - acuite dalla vicinanza con persone talmente sicure di sé da essere rocce su cui la realtà si infrange - perennemente in cerca di un equilibrio interiore. Ma è una strega, la nostra Magrat, così quello che in altre storie sarebbe il lieto fine (essere l'amata del re, per esempio) lei intimamente sente che è un accessorio alla sua identità, e che è pure vagamente offensivo pensare che siccome ha la concreta possibilità di "sistemarsi" allora tutti i problemi sono risolti.
Per non parlare di come lei, nonostante tutto, voglia ancora credere che la magia sia, beh, magica. Una posizione estremamente ingenua, nelle Ramtops e in una cultura dove usare la magia è considerato sostanzialmente barare. È per questo che quando Magrat viene scelta come Fata Madrina fa i salti di gioia: potrebbe essere il passaggio ad un ruolo che le conferma che in effetti c'è una piccola parte di mondo che è come se l'è sempre immaginata.
Ma ovviamente un libro di Pratchett non può essere così semplice, con una strega che eredita un ruolo e una missione: abbiamo quindi le nostre streghe che viaggiano, e le loro esilaranti esperienze all'estero, basate sui pregiudizi di chi non ha mai messo piede fuori dal suo villaggio. Sono assurde perché nessuna delle tre è disposta a fare uno sforzo per capire le usanze degli altri luoghi, e giudicano tutto in base al loro metro di giudizio arrivando a conclusioni che non stanno né in cielo né in terra... ed è anche questo uno dei talenti che aveva questo scrittore: ai suoi personaggi dava difetti meschini, ci mostrava che anche i grandi protagonisti hanno lati non oscuri ma semplicemente brutti. Nonna Weatherwax è - a mio avviso - una delle più grandi protagoniste femminili del fantasy, ma è una persona dalla mentalità chiusa, diplomatica come un sasso tirato in faccia, non ammette mai di aver torto e non fa nessuno sforzo di comprendere il punto di vista altrui.
Ma nonostante questo non puoi leggerla e non pensare "Questo è ciò che aspiro ad essere" perché a fare da contr'altare c'è tutto il resto, come il coraggio di fare quello che va fatto - non importa quanto sia difficile o doloroso o triste - perché cosa sono i tuoi sentimenti, di fronte alla responsabilità?
Torniamo al libro, però: accanto alle mirabolanti avventure delle nostre eroine nel tentativo di arrivare a Genua, abbiamo anche gli inframezzi che ci danno qualche idea di quello che sta succedendo nella suddetta città, e lì capiamo che - una volta arrivati - non sarà più così divertente perché quello che sta succedendo è orribile ed inquietante e sbagliato. Ed infatti quando tutte le trame si uniscono, noi vediamo i lati negativi dell'usare la magia per rendere la vita migliore agli altri, e come una persona - un personaggio - che lavora da anni affinché la fanciulla maltrattata dalle sorellastre sposi il principe, forse tanto buona non è... e finiamo per avere per avere le regole basilari della narrativa stravolte, considerando che alla fine della fiera quello che abbiamo sono tre streghe più una strega che pratica voodoo che si oppongono strenuamente ad una fata madrina che desidera solo il meglio per la sua protetta e per la città in cui vive.
Ma Terry Pratchett era così: mostrava ai lettori che si possono stravolgere canoni narrativi, che si può rielaborare un genere, con la semplicità. Mostrando persone che, per quanto facenti parte di un universo narrativo nato su una base parodistica, sono come tu potresti essere e fanno quanto è più sensato fare. Che sia epico o normale, e a volte è ancora più epico proprio perché è normale.
Perché Terry Pratchett questo faceva: ti immergeva in un mondo fantastico, con avventure fantastiche e personaggi con poteri che noi non avremo mai, e sottobanco ti insegnava che la narrativa è bella ma è nella vita che stanno le vere avventure e che siano normali non significa che non siano grandi, epiche, importanti, o da combattere e vincere ad ogni costo.

E nulla, come al solito vi consiglio di leggere questo libro, e come al solito mi sembra di non rendere giustizia a Pratchett, che aveva il talento di farti ridere, piangere, riflettere e poi di nuovo ridere a prescindere dal numero di riletture, e quando scrivo una recensione finisce sempre che sembra stia parlando di libri filosofici quando qui abbiamo un gatto che si mangia un vampiro perché di base è un topo con le ali.

6 commenti:

  1. Beh, c'è filosofia anche nel gatto che si mangia il vampiro perché, di base, è un topo con le ali! ;P
    E sebbene io apprezzi le note a pià di pagina di Kristoff e le trovi geniali, quando le sento definire "innovative" o "originali" viene il nervoso anche a me, purtroppo!
    Però hai scritto una recensione meravigliosa! *_*

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    1. Mi solleva sapere di non essere l'unica che soffre per le "innovative" note di Kristoff perché dai, Pratchett le usava almeno dagli anni '80 ç_ç
      Grazie per i complimenti ^^

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  2. Pratchett è un autore che da ragazzina apprezzavo molto, dovrei recuperare qualcosa di suo e rileggerlo :)

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    1. È un autore che sto amando tantissimo da adulta, e ammetto che avrei voluto conoscerlo quando ero una bambina ^^ però è veramente adatto a tutti.

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  3. Adoro Magrat da quando, come scusa ultima per non accettare un appuntamento, diceva di doversi lavare i capelli. Adesso lascerò tutti i libri che sto leggendo per rileggere questo, lo so già.

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    1. Io ho sempre apprezzato come, nonostante viva accanto a Nonna Watherwax e Tata Ogg, continui a credere che il mondo deve essere almeno un po' come lo immagina lei. Ci vuole più forza di quello che sembra ^^

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