mercoledì 22 maggio 2019

Riparare i viventi

Riparare i viventi, di Maylis De Kerangal.

Questo libro l'ho preso a scatola chiusa per un semplice motivo: mia madre voleva un libro in promozione alla Feltrinelli, e ma doveva prenderne due per avere lo sconto.
Mi sono eroicamente sacrificata per la causa.

Tre adolescenti di ritorno da una sessione di surf su un furgoncino tappezzato di sticker, tre big wave rider, esausti, stralunati ma felici, vanno incontro a un destino che sarà fatale per uno di loro. Incidente stradale, trauma cranico, coma irreversibile, e Simon Limbres entra nel limbo macabramente preannunciato nel suo cognome. Da quel momento, una macchina inesorabile si mette in moto: bisogna salvare almeno il cuore. La scelta disperata del trapianto, straziante e inevitabile, è rimessa nelle mani dei genitori. Intorno a loro, come in un coro greco, si muovono le vite degli addetti ai lavori che faranno sì che il cuore di Simon continui a battere in un altro corpo. Tra accelerazioni e pause, ventiquattro ore di suspense, popolate dalle voci e le azioni delle persone che ruotano attorno a Simon, genitori, dottori, infermiere, équipe mediche, fidanzata, tutti protagonisti dell'avventura, privatissima e al tempo stesso collettiva, di salvare un cuore, non solo organo, ma sede e simbolo della vita.

Come sapete i drammoni familiari sono un mio guilty pleasure, e la quarta di copertina in questo caso ne prometteva una valanga: mi aspettavo una cosa un po' in stile film da preciclo su Canale 5, e invece no: Maylis De Kerangal ha fatto una cosa tutta diversa.
Questa è una storia semplice e durissima in cui un ragazzo, Simon Limbres, rimane vittima di un incidente stradale: è praticamente incolume a livello fisico, ma ha subito un devastante trauma cranico che - in brevissimo tempo - lo porta alla morte cerebrale, senza se e senza ma. Perché questa non è la storia di Simon: è la storia di come i suoi genitori devono decidere se donare o meno i suoi organi prima ancora di avere il tempo di accettare il lutto che li ha colpiti.
Il modo in cui l'autrice ha scritto la storia è particolare: abbiamo un narratore esterno, omniscente, che ci narra sia gli eventi che stanno accadendo nel presente, sia la storia personale dei vari personaggi, in modo approfondito e ricco di dettagli, ma allo stesso tempo molto freddo.
C'è questa specie di contrasto tra il dolore assoluto dei genitori e il modo quasi clinico con cui ci viene mostrato: è veramente come se il lettore stesse guardando in una stanza d'ospedale, in cui qualcosa sta andando a pezzi per sempre, ma sai che non ti riguarda anche se ti fa soffrire.
La gestione dei personaggi si riflette nello stile scelto per la narrazione: non li vediamo prima, durante e dopo. Non abbiamo modo di affezionarci a Simon.
A noi è concesso entrare unicamente in quella finestra di tempo che riguarda l'incidente e il ricovero di Simon: la De Kerangal, infatti, è consapevole che la morte di un giovane, lo strazio dei genitori, la commozione dello staff medico che deve dare loro le tremende notizie senza farsi coinvolgere troppo, è in grado di raggiungere il lettore anche senza troppi orpelli volti a sottolinearne il dramma. Tuttavia, se devo essere sincera, non è una scelta che ho apprezzato del tutto perché è come se volesse tenerti a un metro di distanza dal cuore della vicenda: sembra che voglia dirti che puoi commuoverti ma solo fino ad un certo punto perché il dolore vero è privato, della famiglia, anche se la famiglia in questo caso non esiste.
C'è anche il film, che non credo guarderò
Il tema del trapianto di organi, nel mio caso, non colpisce vicino casa ma la centra in pieno: ci siamo passati, e anche se non ricordo quanto io e mia sorella siamo state effettivamente coinvolte nella scelta - eravamo piccole - ricordo che ci sembrò una decisione naturale. Ma ricordo quando arrivò la lettera del Centro Trapianti: è anonima, ovviamente, è 'solo' la lista degli organi con l'età e il sesso di chi li ha ricevuti, ma poche cose sono così commuoventi.

Insomma, è un libro che non mi sento di sconsigliare perché è scritto bene e parla di cose importanti, ma non condivido del tutto le scelte stilistiche, e credo che mi abbia coinvolta più per il mio vissuto che per la sua capacità effettiva di emozionare.
Ma se si vuole uscire dalla propria confort zone è da leggere: non credo proprio che ne abbia una in cui entrare.

4 commenti:

  1. Il titolo è meraviglioso, ma mi ha sempre ispirato più il film.
    Se ancora in promozione, potrei metterlo seriamente in lista, però. :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Era tra i due libri a 9 euro, in genere è una promozione che la Feltrinelli fa sempre... sono fiduciosa che da qualche parte ce lo trovi ancora :D

      Elimina
  2. Leggere le tue recensioni è deleterio! Conoscevo il libro e non mi interessava, i drammi familiari non fanno per me e se si sa già che il protagonista muore, le probabilità che io legga quel libro rasentano lo zero. Eppure la tua recensione è riuscita ad incuriosirmi, proprio per quella distanza che l'autore cerca di "imporre" al lettore. Perciò per colpa tua questo libro è passato da "libro da non considerare affatto" a "libro che leggerò se mi capiterà tra le mani"

    RispondiElimina