venerdì 31 gennaio 2020

Jane

Jane, di Aline Brosh McKenna & Ramòn K. Pérez.

L'avevo detto che volevo parlare anche di graphic novel. Dai che ce la faccio a mantenere i buoni propositi!

Cresciuta in un'infelice famiglia di un paesino del New England, Jane sognava di fuggire a New York per studiare Arte e avere una vita indipendente. Poco dopo il suo arrivo, trova lavoro come tata per un misterioso e potente uomo d'affari, Rochester, e la sua adorabile ma solitaria figlia, Adele, in un lussuoso appartamento colmo di segreti sconvolgenti. Jane si troverà presto in un mondo di pericoli, intrighi e passioni che la porterà lontana dai suoi sogni d'infanzia. La sceneggiatrice Aline Brosh McKenna debutta come autrice di graphic novel insieme all'illustratore premio Eisner Ramclon K. Pérez in questa rivisitazione moderna del classico di Charlotte Brontë, Jane Eyre.

Graphic novel retelling di Jane Eyre ambientato a New York?
Al momento dell'acquisto mi sono sentita più che giustificata per lo strappo alla regola, anche perché la casa editrice è la BAO, che nel corso degli anni ci ha portato un sacco di gioiellini.
Mettiamo subito in chiaro le cose: Jane non è uno di questi.
Siamo di fronte ad una storia che riprende l'ossatura di base del capolavoro di Charlotte Bronte, ma che non ne ripropone nemmeno un decimo della potenza, e senza quella ciò che abbiamo è una storia che indubbiamente intrattiene, ma non si sposta dalla trama "bambinaia sveglia e anticonvenzionale finisce insieme al ricchissimo, affascinante, burbero, padrone di casa".
Tipo La Tata, solo che si prende sul serio.
Detta così sembrerebbe una cosa immonda, ma a mio avviso è solo un malinteso dato dalla frase "rivisitazione moderna", che mette addosso al lettore l'aspettativa di trovarsi di fronte ad un'opera che sia molto vicina alla materia d'origine, mentre per me questa graphic novel è un "liberamente ispirato a": non è un caso, infatti, che l'abbia apprezzata di più alla seconda lettura (ossia quando già sapevo cosa avessi di fronte).
Insomma, il succo di questo lungo preambolo è che non dovete aspettarvi i personaggi che avete amato nel romanzo della Bronte: questa è un'altra Jane, che merita di essere apprezzata per le sue qualità.
La Jane di questa graphic novel è una ragazza con un passato complesso. Rimasta orfana da piccola, è stata cresciuta da degli zii che non l'hanno mai voluta e non l'hanno mai nascosto. Ma Jane è una giovane donna che si rifiuta di essere definita dal suo passato (o forse, a circa vent'anni, non ritiene di avere un passato così ingombrante da definirla): si rimbocca le maniche, lavora, mette da parte quanto serve per iscriversi all'accademia di belle arrti nella speranza - un giorno - di poter guadagnare con il suo talento.
Una pecca, a mio avviso, sta nel fatto che non vediamo più Jane lavorare per realizzare i propri sogni nel momento in cui diventa la tata della piccola Adele: trascinata all'interno della vita dei Rochester, smette di essere la protagonista della sua storia per diventare un personaggio importante di quella del misterioso Rochester.

È difficile adattare certe cose: se ai tempi Jane che si trovava un impiego era un forte segno di indipendenza (quante, tra le eroine letterarie dell'epoca, effettivamente lavorano?), al giorno d'oggi vedere una ragazza così coinvolta nella vita dei propri datori di lavoro rischia quasi di fare l'opposto.
Allo stesso tempo, il segreto di Rochester in tempi moderni non ha gran motivo di esistere (o quanto meno di esistere senza portare il signore in galera senza passare dal via), per cui è stato riadattato in un modo che ho apprezzato moltissimo perché... perché è stato il momento in cui gli autori - secondo me - si sono resi conto che non era possibile scrivere una graphic novel di media lunghezza retelling di Jane Eyre e portare a casa il risultato con la stessa classe di Charlotte Bronte, motivo per cui se prima il lettore il dubbio ce l'aveva, da quel momento diventa chiaro che siamo nel regno del film romantico di Canale 5, quello che ad un certo punto impazzisce e tira fuori colpi di scena a metà tra soap opera e il WTF totale.

Mi rendo conto che con queste parole sto allontanando i lettori, ma ricordate che è il mio punto di vista, e le mie sensazioni durante la lettura: restando più neutri (e più positivi) si può dire che gli autori, rendendosi conto che la storia di Jane Eyre non può essere traslata nella nostra epoca e avere gli stessi messaggi perché la società è cambiata (e meno male), hanno preferito concentrarsi sul fronte dell'intrattenimento. Che lì per lì può essere delusione, se ci si aspetta qualcosa che sia all'altezza dell'originale, ma che non è necessariamente malvagio: Jane è una lettura gradevole, con una protagonista che non è da buttare solo perché non si avvicina all'originale (di nuovo, è un personaggio che non si aspetta che il lieto fine le piova addosso ma che si impegna per realizzarlo), una storia d'amore su cui investire emotivamente, e un mistero un po' cheap che scombina le carte in tavola ai personaggi.
Lo stile di disegno ricorda molto i comics americani, può piacere o non piacere, ma l'importante durante la lettura è dimenticarsi del Jane Eyre di Charlotte Bronte e godersi la graphic novel per quello che è.

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