venerdì 17 gennaio 2014

Un albero cresce a Brooklyn

Un albero cresce a Brooklyn, di Betty Smith.

Ed ecco qua un libro che non avrei mai letto se mia madre non l'avesse preso in biblioteca da bambina e non l'avesse cercato testardamente da adulta. E non l'avrei letto perché non avrei mai saputo che esisteva.
Ciò porta all'inquietante domanda di quanti siano i libri che ameremmo ma che non leggeremo perché sono titoli oscuri, vecchi, e non li incroceremo mai nel cammin di nostra vita.

È l'estate del 1912 a Brooklyn. I raggi obliqui del sole illuminano il cortile della casa dove abita Francie Nolan, riscaldano la vecchia palizzata consunta e le chiome dell'albero che, come grandi ombrelli verdi, riparano la dimora dei Nolan. Alcuni a Brooklyn lo chiamano l'Albero del Paradiso perché è l'unica pianta che germogli sul cemento e cresca rigoglioso nei quartieri popolari. Insieme a suo fratello Neeley, Francie raccoglie pezzi di stagnola che si trovano nei pacchetti di sigarette e nelle gomme da masticare, stracci, carta, pezzi di metallo e li vende in cambio di qualche cent. Francie se ne va a zonzo per Brooklyn. Lungo il tragitto forse qualcuno le ricorderà che è un peccato che una donna così graziosa come sua madre, ventinove anni, capelli neri e occhi scuri, debba lavare i pavimenti per mantenere tutta la famiglia. Qualcun altro magari le parlerà di Johnny, suo padre, il ragazzo più bello e più attaccato alla bottiglia del vicinato, qualcuno infine le sussurrerà mezze parole sull'allegro comportamento di sua zia Sissy con gli uomini. Francie ascolterà e ogni parola sarà per lei una pugnalata al cuore, ma troverà, come sempre, la forza per reagire, poiché lei è una bambina destinata a diventare una donna sensibile e vera, forte come l'albero che, stretto fra il cemento di Brooklyn, alza rami sempre più alti al cielo.

Un albero cresce a Brooklyn. È l'albero degli uomini: nessuno l'ha piantato, nessuno lo cura. Hanno provato a reciderlo. Eppure è lì, contro tutto e tutti.
Questa è l'immagine che ci da il titolo, e questo è ciò che la piccola Francie vede dalla finestra del suo appartamento, in un quartiere povero del 1912.
Questo libro è, a prima vista, un romanzo di formazione. Ma quanto è limitativa questa etichetta! Tanto per cominciare, a formare la protagonista non sono grandi eventi, ma la sua famiglia e, molto semplicemente, la vita che passa. E poi il libro è una finestra sulla vita di una povera famiglia, mostrata attraverso i suoi personaggi, che sono favolosi: sono veri. Sono persone che sono persone, con pregi e difetti, degni di ammirazione a prescindere da quanto si conformino ai valori dell'epoca.
Francie è una bambina povera: la mamma Katie pulisce le case, il padre Johnny lavora saltuariamente e ha il vizio del bere, il fratellino Neely è il preferito di casa. Eppure Francie non è una banbina infelice: intelligente, fantasiosa, con l'amore per la lettura. È la bimba che il sabato compra i dolcetti e si prepara un angolino per leggere in pace, che si commuove per le piccole cose. La sua fantasia, però, non è una fuga, o almeno non solo: è una chiave di lettura per la realtà. In un mondo dove l'obbiettivo è arrivare a domani, vedere oltre è una dote.
Ma anche questo è riduttivo.

Un albero cresce a Brooklyn è Katie, fatta d'acciaio, che piange quando nasce la sua bambina perché i miracoli non esistono e la sua piccola è destinata alla vita dura, non alla grandezza, e poi si rimbocca le maniche perché i suoi figli devono studiare. Katie che permette a Francie di buttare via il caffè, perché possa avere almeno una cosa da buttare via solo perché non le va.
È Johnny, coi suoi sogni e la sua speranza, che è un alcolizzato ma un buon padre e un buon marito, che si sbronza solo con le mance. Fragile perché conosce i suoi limiti, dolce per quanto ama la moglie e i figli, inutile perché non prova mai a cambiare, indispensabile per la poesia che porta nella vita in un mondo dove non c'è posto per l'inutile dolcezza.
È nonna Mary, che insegna il valore della praticità, del sacrificio, di pensare al futuro e non alla sopravvivenza, e che bisogna credere nelle favole per poter affrontare il mondo.
È Sissy, che sarebbe una donnaccia per come si concede ma che ha la forza di trasformare in amore per la vita e per il prossimo il dolore di una maternità mancata, composta da dieci piccole tombe al cimitero.
È la maestra che dice a Francie che non si scrive della povertà e dell'alcolismo perché non c'è bellezza od onore in essi, che dice di conoscere le privazioni perché non sempre la sua famiglia si poteva permettere la cameriera, e Francie che non ha il coraggio di risponderle per le rime.
È Francie e Neely che si fanno cambiare il primo stipendio in dollari nuovi perché è il primo stipendio.
È cambiare i propri sogni di fronte alle necessità, senza rimpianti, perché i sogni li abbiamo fatti quando eravamo persone diverse e non sapevamo tante cose.
È spendere uno sproposito per un cuscino di piume per far sapere a un moribondo cos'è la comodità, almeno una volta.
È un salvadanaio piantato nel muro, la speranza per il futuro che fa fronte ai problemi di oggi.
È salutarsi sapendo che ci si rivedrà domani, ma col sapore di un addio perché sarà tutto diverso ed è alla tua infanzia che stai dicendo addio.
È un albero che cresce nel cemento, contro ogni logica e avversità, protendendosi verso il cielo.
Ed è tanto di più.








Parola: albero.

1 commento:

  1. ciao!
    ho sentito già parlare di questo libro ma non avevo ancora ben capito di cosa trattasse... ora che ho letto la tua recensione ho proprio deciso di comprarlo! :)

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