Sono finalmente riuscita a recuperare questo film, uscito in patria nel 2013 e da noi nel 2014. Si tratta di un film giapponese, per la regia di Hirokazu Kore-eda, che va a parlare di temi molto impegnati senza mai risultare pesante o noioso.
La trama è piuttosto semplice: Ryota Nonomiya è il classico uomo in carriera giapponese, sempre al lavoro, passa poco tempo con la moglie Midori e il figlioletto Keita, considera il successo - personale e dei suoi cari - la cosa più importante della vita ed è seriamente preoccupato perché Keita, di soli sei anni, non sembra avere lo stesso spirito competitivo che lui considera indispensabile per avere successo. La sua vita è destinata a cambiare drasticamente quando riceve una telefonata da parte dell'ospedale dove è nato Keita, per scoprire che c'è stato un terribile errore: uno scambio di neonati.
Keita è il figlio biologico di Yukari e Yudai Saiki, che a loro volta hanno cresciuto Ryusei - il vero figlio di Ryota e Midori.
Per le due coppie si prospetta quindi la scelta più difficile di sempre: continuare a crescere il figlio che hanno allevato fino a quel momento, o scambiare nuovamente i bambini - piccoli abbastanza da potersi riabituare al nuovo contesto familiare.
Il film riesce ad essere molto dolce e delicato, senza cadere nella trappola di mettere un buono e un cattivo: è chiaro che si tratta di una situazione dove non c'è una soluzione giusta e che a prescindere da quello che decideranno, i genitori perderanno comunque un figlio.
Allo stesso modo le due famiglie sono mostrate in modo normale, ognuna con i suoi pregi e suoi difetti, senza renderne una migliore dell'altra: Ryota pensa alla carriera, ma non tanto perché è un uomo ambizioso o totalmente insensibile, quanto perché considera suo dovere non far mancare niente alla famiglia, fare sì che il figlio abbia una vita più facile della sua. Yudai, per contro, non ha la stessa motivazione né può permettersi lo stesso stile di vita di Ryota, ma allo stesso tempo ha un rapporto migliore coi figli e ha più chiari quali siano i loro bisogni emotivi.
Ho apprezzato molto come, nel film, vengano osservati i legami familiari: si vedono due modi diversi di essere padre, e come la relazione padre-figlio non sia scontata. Ryota è più coinvolto con Ryusei, ma lo è per via di somiglianze ed affinità ereditarie, o perché con lui ha cercato attivamente di costruire un rapporto che invece ha dato per scontato con Keita? Oppure è stata l'educazione dei Saiki a renderlo un bambino più estroverso e sicuro di sé? Ed è così sbagliato, così orribile, cercare di rivedere qualcosa di sé stessi nei propri figli, ed essere turbati quando non si trova niente?
Personalmente ho trovato interessante vedere il film non solo per la storia e i temi trattati, ma anche perché si tratta di un film giapponese: mi piace quando importano film stranieri di parti di mondo che raramente arrivano (vedi Train to Busan: se in Corea fanno film del genere perché da noi non li distribuiscono più spesso? Dubito sia l'unico film bello della storia del cinema coreano) perché si vedono le differenze, in che modo viene narrata una storia, quali sono i tempi della narrazione, il tipo di enfasi data alle varie scene (e qui ce ne sono molte che, secondo me, sarebbero state girate in modo diverso da un regista europeo, o americano). In questo caso ho potuto notare come Kore-eda lasci parlare le immagini e le azioni, senza dialoghi espositivi, e si sia rifiutato di premere sul tasto del dramma: non era necessario enfatizzare il dolore dei genitori e la confusione dei bambini, perché la storia è così solida, e gli attori così bravi, da riuscire a renderla credibile senza alcun problema: esemplare è il modo in cui è stato gestito l'astio di Ryota verso Yudai, in cui - per certi versi - rivede suo padre e un contesto familiare da cui ha cercato di prendere le distanze per tutta la vita.
Una cosa di cui tener conto, però, è che Father and son parla di quello che dice il titolo: padre e figlio. Durante la visione può sembrare che la figura delle madri sia messa da parte, e che lo spazio dedicato alla famiglia Saiki e a come loro stanno vivendo la situazione sia poco, ma è un film che vuole parlare principalmente di padri, e di come Ryota cambi il suo approccio alla paternità in seguito alle esperienze vissute: non è un film corale, il protagonista è decisamente lui.
Insomma, è un gran bel film: ben girato, ben recitato, con una bella storia.
Prendo nota, Kate! Anche a me piace "esplorare" il cinema proveniente da nazioni non-europee (e non-statunitensi, ovviamente).
RispondiEliminaMi hai anche fatto ricordare una cosa importante: devo ancora recuperare "Train To Busan"! :D
Recuperali tutti e due :D
EliminaIo ho avuto il piacere e la fortuna di vedere il regista dal vivo, ed é davvero un uomo straordinario e molto disponibile. Questo ancora mi manca, ma visto il momento catartico in vista degli Oscar, non penso di riuscire a recuperarlo a breve.
RispondiEliminaChe fortuna che hai avuto :) in effetti questo non è il momento adatto a recuperare film più o meno vecchi XD
EliminaConoscevo questo film di nome (anche perché è abbastanza famoso e io adoro i film asiatici!) ma non mi ispirava tantissimo, però dopo aver letto la tua recensione ho cambiato idea! Spero di riuscire a vederlo, anche se io ho i miei tempi biblici!! :)
RispondiEliminaConsidera che io ci ho messo tipo tre anni a recuperarlo XD
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