mercoledì 24 ottobre 2018

Di ferro e d'acciaio

Di ferro e d'acciaio, di Laura Pariani.

A volte ti imbatti in un libro breve che a rigor di logica dovresti finire in un soffio, e invece finisci per metterci un po' perché è talmente denso da dover essere assimilato piano piano.

L’operatrice H478 ha l’incarico di sorvegliare il soggetto-23.017, una donna vestita di nero che si aggira per la Città in cerca del figlio, scomparso in circostanze a lei ignote.
L’operatrice sa che il ragazzo è in carcere per attività sovversive, e segue su un monitor questa madre incredula aggirarsi instancabile nonostante divieti, barriere e continui dinieghi. Piano piano, la forza di quell’amore materno smuove qualcosa nell’animo dell’operatrice, così come le parole del ragazzo hanno scosso l’animo indifferente di altre donne, che in coro raccontano questa storia ambientata in un passato prossimo venturo, dove i nomi sono stati eliminati e le parole chirurgicamente rimosse per cancellare memoria, speranza e passione.

Chi mi segue da tempo sa che ci sono libri che mi attraggono in virtù dell'assurdità della loro premessa.
Oddio, non proprio, che la bizzarro fiction - quella vera - molto spesso mi spiazza in modo incredibile. Parlo di quelle premesse che sembrano invocare l'epic fail, e invece in alcuni casi mostrano l'importanza di quella piccola cosa chiamata contesto.
Di ferro e d'acciaio rientra in questo gruppo, dato che la trama si potrebbe riassumere con "retelling distopico della Passione di Cristo dal punto di vista della Madonna" ed è subito trash... ma poi c'è appunto il contorno: una casa editrice (NNeditore) che di solito non scava nella monnezza pur di vendere, e soprattutto il fatto che Di ferro e d'acciaio inaugura una collana, CroceVia, che ha l'obbiettivo di pubblicare libri che ruotano attorno a parole importanti per la nostra cultura, e quella affidata a Laura Pariani è passione.
Questo librino, che sembra tanto corto mentre invece è talmente denso da sembrare molto più lungo di quanto non sia (e non è un male), fa suo il concetto "show, don't tell" in quanto quasi niente viene descritto: noi vediamo e sentiamo il mondo, gli eventi, attraversi gli occhi dei personaggi, le loro parole, i loro ricordi. Per certi versi siamo degli osservatori esattamente come l'operatrice H478.
Siamo in un mondo senza nome, una società che si trova a metà tra la distopia e le dittature che la nostra storia ha conosciuto, dove la tecnologia ha fatto passi in avanti - ci sono droghe per tenere sotto controllo la sfera emotiva, strumenti di spionaggio che permettono quasi di camminare fianco a fianco con i soggetti sorvegliati - eppure l'impressione che traspare è quella di un tempo più antico, dove la vita è stata volutamente spogliata di tutto ciò che la rende tale.
L'operatrice H478 - Lusine - ha il compito di sorvegliare Maria N., una donna che da settimane vaga per la città cercando informazioni sul figlio Jesus, arrestato per sospette attività sovversive.
È l'amore sconfinato di una madre: non ci sono pianti, urla, passione infuocata. Non qui.
Qui la passione è una vecchia signora che nonostante la paura e un dolore così enorme da annichilire cammina imperterrita, continua a cercare, a fare domande, a presentarsi alle autorità che le sbattono la porta in faccia ancora e ancora e ancora. Confusa, quasi troppo spaventata per essere triste, Maria N. cerca un figlio che è a tutti gli effetti un desaparecido; non è instancabile, la nostra eroina, a colpire al cuore è il fatto che continui la sua missione quando - a noi lettori - fermarsi sembra quasi più facile, e a spezzarlo è sapere che il contenuto della valigetta che porta sempre con sé nei suoi pellegrinaggi è un cambio per Jesus, così che possa indossare qualcosa di pulito se riuscisse a trovarlo.
Nel vederla incontrare le altre madri i cui figli sono stati portati via, tutte col loro fazzoletto nero in testa,  per chiedere insieme agli esponenti del regime dove siano, come stiano, di poterli incontrare, la mente non può che correre alle madri di Plaza de Mayo e ai loro distintivi fazzoletti bianchi e lo sai, come andrà a finire, non perché Gesù l'hai visto inchiodato sulla croce, ma perché è già successo e non nella religione e non duemila anni fa.
Molte di loro ancora cercano, dopo più di trent'anni
Lusine è la testimone di questa ricerca infinita, e se all'inizio è scocciata dall'incomprensibile irrazionalità di questa donna, via via che passa il tempo è sempre più sconcertata, colpita nell'intimo, più che dalle parole di Jesus dall'amore di sua madre. Una donna che ha paura, ma non di quello che le potrebbe accadere nel proseguire con un comportamento al limite del sovversivo: per Maria N. il peggio è già successo senza alcuna avvisaglia o potrebbe succedere, non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare.
Una passione così profonda che arriva a toccare anche Lusine, che pure la vive di seconda mano.
Ma se Lusine e Maria N. sono i personaggi principali, non vuol dire che ci siano solo quelli: Maria non parla solo con poliziotti o funzionari vari, ma ripercorre i passi del figlio, parlando con chi lo conosce.
Questo espediente ha svariate funzioni: tanto per cominciare ci permette di vedere com'è l'ambientazione da molteplici punti di vista, poi ci mostra com'era Jesus e cosa ha fatto di così terribile (parlare ad altri della possibilità di un mondo migliore, realizzabile non con atti violenti ma cambiando e migliorando sé stessi), e per finire ci mostra una madre che impara a conoscere la vita di un figlio ormai adulto, che ha preso una strada separata dalla sua.
Ma anche detto così è molto più asettico di quanto non sia: gli incontri con Maria N. sono spesso e volentieri dal punto di vista dei suoi interlocutori, pertanto abbiamo un vero e proprio spaccato sulla loro vita, e su come aver interagito con madre e figlio li abbia colpiti, spesso destabilizzati; prima Jesus col suo sognare, poi Maria col suo amore incrollabile.
Altra cosa, si tratta di un libro composto quasi interamente da punti di vista femminili: anche Giuda, che Jesus l'ha tradito, lo vediamo attraverso gli occhi della sua compagna.
Lo stile è molto bello, ho apprezzato il modo in cui Laura Pariani ha inserito parole tipiche per questa realtà, come nonnàva per nonna, o amoranza per le passioni giovanili.

Si tratta, in definitiva, di un libro che vi consiglio caldamente.

6 commenti:

  1. Mi spaventa e mi attrae allo stesso tempo, non lo conoscevo e mi fai sempre aggiungere nuove cose in WL! Non ho tempo ora, assolutamente no. Però lo terrò presente per il futuro...

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  2. Non è esattamente il mio genere, però alcune delle cose che hai scritto mi hanno incuriosita parecchio... Per il momento ci penserò su!

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    1. Non è esattamente nemmeno il mio genere, è molto particolare... però nell'insieme mi è piaciuto davvero molto ^-^

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  3. Un altro libro che va dritto in wishlist! XD
    Non lo conoscevo, ma sono stata veramente colpita dalla tua recensione. Sembra particolarissimo *_*

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    1. È davvero molto particolare, sia per il tema che per il modo in cui è narrata la storia :)

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