venerdì 22 marzo 2019

Northern Rescue

I drammi familiari sono uno dei miei tanti guilty pleasure: nei libri, per esempio, ogni tanto mi capita di leggere qualcosa di Jodi Picoult, e un modo sicuro per attirarmi sui gialli (in qualsiasi media) è promettermi una grande attenzione sul dramma umano.
Ci sono serie che hanno elevato il genere, come This is us, o quelli che il mondo ha amato ma per me erano guilty pleasure, come Everwood.
Poi c'è Northern Rescue, una serie così brutta che perfino io che ho visto Aftermath ho rinunciato.
Sulla carta le qualità per piacermi c'erano tutte: i West sono la classica famiglia da telefilm americano. Il padre John è un vigile del fuoco, la moglie Sarah non ho capito cosa fa se non essere perfetta, i tre figli si dividono nella classica triade figlia adolescente (Maddie) ribelle in conflitto coi genitori, figlio adolescente (Scout) sportivo, figlia minore (Tylor) genietto della famiglia, più la zia anticonformista Charlie. Ovviamente, come sempre accade in questo genere di storie, la madre muore per uno dei tumori più fulminanti della storia della tv, grazie anche ad un meraviglioso montaggio che non permette di capire cosa stia succedendo e che a una certa semplicemente taglia sul funerale.
Dopo la tragica perdita la famiglia si trasferisce nell'amena cittadina natale di John e Sarah, dove lui prende il comando della squadra di soccorso, ma siccome la sfiga li perseguita la casa della zia (che doveva ospitarli) brucia e per aiutarli la città gli permette di abitare in un parco acquatico abbandonato, sgombrato così bene che si sono dimenticati dentro un pinguino, che non si sa come non è morto di fame e che gli permettono di tenere tipo cane. O forse loro non hanno detto a nessuno che c'è un pinguino. Non ho ben capito.
Ora, ammetto che la storia del parco acquatico e del pinguino l'ho scoperta in corsa, sennò avrei quantomeno sospettato la natura trash della serie, ma nei due-tre episodi che ho visto (è su netflix, scorrono in automatico, ho pensato che magari si riprendeva) c'è l'epic fail: sono riusciti a prendere una premessa magari abusata ma sicuramente drammatica come la morte di una moglie, di una madre, di una sorella, per una malattia presentatasi all'improvviso, e a renderla il più vuota possibile. La sceneggiatura è atroce: nessun dialogo sembra naturale, nessun comportamento coerente con la perdita che i personaggi hanno subito (tipo che hanno scoperto la malattia della madre per via di uno svenimento improvviso, a una certa la figlia più piccola sviene dal nulla e nessuno è preoccupato). Sono tutti profondamente irritanti, scene che dovrebbero essere divertenti quadretti di famiglia che sono solo cattiverie gratuite (la figlia maggiore va da una psicologa per l'elaborazione del lutto, padre e fratelli fanno battute sul fatto che loro non pazzi), e l'impressione è che gli autori volessero essere super-impegnati e profondi in modo così sfacciato da rendere tutta la storia fastidiosa. Ma tanto, tanto fastidiosa.
Gli attori, poi, recitano veramente male. Non sono facce conosciute, quindi ammetto di non sapere se sono proprio cani a prescindere o se semplicemente non sono capaci di dirigerli e non hanno idea di cosa fare.
Alla fine posso riassumere ciò che ho visto di questa serie in una sola immagine.
Se netflix ve lo dovesse suggerire, state alla larga: non è neanche così trash da essere divertente.

6 commenti:

  1. Non conosco la serie, ma quoto tutta la prima parte del post sulle guilty pleasure XD

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    1. Fatti un favore: non conoscerla, neanche come guilty pleasure xD

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  2. Messaggio recepito: grazie Netflix, ma per questa volta rifiuto e vado avanti 🙈😂

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