giovedì 5 dicembre 2013

L'Ombra di Ender


L'Ombra di Ender, di Orson Scott Card.

Io non mi capacito.
Non mi capacito di come una persona come Orson Scott Card possa scrivere così bene.
Per me è la prova che le idee esistono in un universo a parte, e che trovano esseri umani il cui compito è portarle nel nostro mondo.
E quelle di Ender hanno palesemente scelto la persona sbagliata. Perchè è vero che Card ha diritto alle sue idee. È altrettanto vero che non ha diritto ai miei soldi.
Ma cavolo se questi libri meritano di essere letti.

Orson Scott Card prese come spunto una guerra spaziale contro invasori alieni insettoidi e lo trasformò in un approfondito esame della natura dell'umanità e dell'impulso che la spinge alla guerra. Nacque "Il gioco di Ender". Ora con "L'ombra di Ender", l'autore ritorna su quella storia da un diverso punto di vista, esaminando la vita di Bean, lo stratega ancor più giovane del già giovane Ender che quando raggiunge la Scuola Spaziale orbitante, scopre come vanno le cose nel mondo che lo circonda, e arriva a capire i propositi della Scuola molto prima dei suoi compagni. 

Non mi fido
La serie di Ender è complicata: libro autoconclusivo, scoprii che in realtà aveva un numero allucinato di sequel, prequel, racconti brevi, che vanno ad ampliare l'universo narrativo avanti, indietro e in diagonale. La maggior parte non è reperibile in italiano, e poichè sono dell'idea che il troppo stroppia li ho sempre guardati con leggera diffidenza. Poi ho letto Il Riscatto di Ender (ma preferisco il titolo originale: Speaker for the Dead). 
Dannazione, è un buon libro.
Non ho ancora letto quello che viene dopo, per paura che il miracolo qualitativo non si ripeta.

Poi ho scoperto che c'era un altra serie. Questa qui appunto, che comincia con un libro che ripercorre Il Gioco di Ender dal punto di vista di Bean, uno dei personaggi secondari.
Che palle. Mai trovato interessante la stessa storia raccontata da un altro.
Poi c'è quella quarta di copertina che fa venir voglia di cavarsi gli occhi: urla God Mode Sue a voce un po' troppo alta. 

Ma c'è un ma: dal secondo libro in poi si stacca dal filone principale. Se Ender si muove nello spazio, Bean si muove sulla Terra. Se la storia di Ender ha più risvolti di riflessione etica, quella di Bean per ora sembra più improntata all'azione. E sembra anche un po' più ottimista.
Insomma, visto che in italiano c'è gli posso anche dare un'occhiata, giusto per avere le basi per i libri dopo che parlano dei personaggi che mi interessano (PeterPeterPeterPeterPeterPeter).

Cavolo.
Continuo a dimenticare che Card è un'idiota, ma sa scrivere maledettamente bene e sa separare il privato dal lavoro. 
Ma passiamo al libro in sé per sé, che l'autore non si merita che ne parli così tanto.

Il nostro protagonista è Bean, che ne Il Gioco di Ender avevamo conosciuto quando entrava a far parte dell'orda dei Draghi e attirava l'attenzione perchè più giovane e più minuto di tutti gli altri bambini. Poi si andava avanti e ci si rendeva conto che Bean attirava l'attenzione perchè, per quanto possibile, si presentava molto simile ad Ender anche per l'intelletto e la versabilità nelle strategie, aumentando l'impressione che il protagonista non fosse una persona unica ed irripetibile ma solo quello al posto giusto nel momento giusto: per tutto il libro ti ripetono che non c'è più tempo per istruire un nuovo potenziale comandante, e come sottolinearlo meglio, se non introducendo qualcuno che potrebbe essere un rivale, ma non c'è modo di metterli sullo stesso livello e di scegliere il migliore?
I miei sentimenti iniziali per Bean
Sarò onesta, ho iniziato questo libro temendo che l'intento fosse di far vedere quanto Bean sarebbe stato più adatto, e visto che adoro Ender la cosa mi ha messo sulla difensiva.
Mi sbagliavo.
Questo libro non si propone neanche come retelling del suo predecessore: è semplicemente la storia di qualcuno che, ad un certo punto, ha condiviso una parte della sua vita con Ender Wiggin.

Bean è un personaggio splendido ed è grazie a lui che la storia funziona: noi seguiamo la sua vita, da quando era un senzatetto nelle vie di Rotterdam, costretto a combattere per sopravvivere. Più piccolo di tutti, Bean non ha scelta se non unirsi ad una banda di strada per non morire di fame, e lì inizia il suo addestramento, dove per la prima volta vede organizzarsi dei gruppi e può studiarne le dinamiche, dove la morte è una possibilità quotidiana. Dove Bean impara a manipolare i più forti per ottenere il risultato migliore.
Risultati che lo fanno entrare del radar di Sorella Carlotta, suora che svolge attività di reclutamento per la F.I., perchè non sta scritto da nessuna parte che il nuovo Mazer Rackham si trovi nella classe medio-alta. Sorella Carlotta cerca tra gli straccioni i bambini che potrebbero avere una possibilità e quando trova Bean, il primo ed unico candidato con una concreata possibilità di farcela, non è disposta a permettere a nessun tipo di ostruzionismo di fermarla. 
Anche se, a quanto dicono, è già stato scelto un bambino.

Sorella Carlotta vs. Graff
Gli eventi che vedono protagonisti Bean e Sorella Carlotta in teoria sono noiosi: è la storia di una donna sola che si prende in casa un povero orfanello. Non è che l'hai letto nella fantascienza: l'hai letto nei romanzi per bambine degli anni '50. Eppure ha una sfumatura completamente diversa, perchè Bean è segnato dagli anni di abbandono e non solo non si fida, ma non riesce neanche ad avere empatia. Sorella Carlotta vuole bene a Bean, ma ciò non toglie che voglia spedirlo nello spazio a combattere alieni. Lui capisce come ci si comporta perchè ci ragiona, ed è completamente confuso quando si trova di fronte a comportamento irrazionali perchè dettati dai sentimenti, ed è triste vederlo passare dal semplice disprezzo verso tali smancerie alla sincera preoccupazione perchè lui non riesce a provare quelle cose. Lei, dal canto suo, è implacabile nella sua ricerca per la verità, incurante di quanti saranno travolti dalle sue indagini: decisa a trovare la famiglia d'origine di Bean, la suora mostra la sua natura di cane da mastino in grado di dare del filo da torcere anche a Graff.

L'Ombra di Ender è principalmente la storia della crescita di Bean, di come paradossalmente trovi la sua dimensione umana in un ambiente destinato a distruggere l'umanità dei giovani studenti. E succede per motivi precisi: tanto per cominciare è la prima volta che Bean si trova a stretto contatto con delle persone con cui ci aspetta che interagisca in un certo modo. All'inizio non è sincero, ma alla fine in Nikolaj trova un amico per la vita. Poi, è la prima volta che non è necessariamente il più intelligente. Beh, forse lo è, ma è la prima volta che Bean ha a che fare con menti simili alla sua, ed è buffissimo vedere come lo destabilizzi la scoperta che, parlando con gli altri, concedendo il beneficio del dubbio, possa arrivare a conclusioni che non avrebbe raggiunto da solo.
E poi è in un ambiente che lo stimola.
Perchè alla fine questo libro è quasi una spy-story: per via del suo background Bean ha la necessità di avere tutto sotto controllo. Deve avere sempre qualche segreto, qualcosa che gli dia la certezza di essere quello col coltello dalla parte del manico. Per questo spia gli insegnanti, ottenendo informazioni che gli permettono di giungere a conclusioni che spaventano gli adulti.
Ma è anche interessante vedere il modo sottile in cui lui si sbaglia: per esempio buona parte di quelli che lui ritiene errori nella gestione della scuola servono a spingere gli alunni dotati per il comando ad uscire dagli schemi (col bonus di far vedere come la scuola venga percepita da qualcuno che viene lasciato a sé stesso). 
Interessantissimo è il suo rapporto con Ender: lo vede come il suo rivale, ne è ossessionato a tal punto da non voler neanche sapere che faccia abbia, si costruisce una specie di altare e quando finalmente lo incontra... rimane sconvolto.
Sconvolto perchè Ender non sa chi sia. Lui ha passato tutto il tempo a studiarlo, ad essere il suo allegro stalker di fiducia, ed Ender manco sa che esiste.
E poi fa le cose tutte in modo sbagliato, che Bean non le farebbe mai così... e alla fine ha ragione lui. Alla fine le cose funzionano meglio che se le avesse fatte Bean.

E Bean... Bean considera Ender qualcosa tra un idolo e la persona che meglio conosce, che più analizza, e soffre nel vedere che Ender all'atto pratico si fida di più degli altri.
Bean considera Ender importante, ma Ender non considera così importante Bean.
È un sentimento non corrisposto.

Bean è l'ombra di Ender per tanti motivi: lo è perchè il talento di Wiggin sorpassa il suo nei campi dove conta davvero. Lo è perchè alla fine viene scelto come suo eventuale sostituto, se dovesse crollare. Lo è perchè è il suo secondo in comando "non ufficiale", auto-elettosi a suo protettore, che guarda quello che lui non può guardare, quello che lo affianca nelle decisioni quando ce ne sono troppe e manca il tempo per darle tutte contemporaneamente.
Ero circa così più andavo avanti
È quello che, alla fine, riconosce che non importa quanto lui possa avere un Q.I. più alto, la battaglia contro gli Scoprioni solo Ender la può affrontare. 
Perchè è il gioco di Ender.
Ma se quella è la sua battaglia, la prossima sarà quella di Bean.

Una delle mie paure più grandi era che, in questo libro, Ender venisse sminuito. Che si vedesse che alla fine quello che aveva capito tutto è Bean e solo per una questione di tempistica il comando non gli era toccato.
Invece non è così: a parte che si vede come i due ragazzi abbiano un'intelligenza diversa, si vede anche che Bean scopre così tante cose non perchè è il più geniale di tutti, ma perchè ha il tempo di farlo. Tempo che ad Ender non viene concesso, perchè lui è messo sotto torchio molto più di tutti gli altri.
E ho apprezzato che alla fine Bean lo riconoscesse, che facesse presente che il suo modo di affrontare la situazione era dettato non dall'essere migliore, ma dal non avere il peso della responsabilità.
"Io non resto paralizzato perché non è la mia battaglia. Io aiuto, osservo, ma sono libero."
Questo dice Bean a Graff, quando gli viene fatto presente che sembra più lucido. E quando arriva il momento decisivo, si vede che la scelta è stata giusta: Bean non vede la soluzione.
Ender sì.

Ad ogni modo ad avermi catturata in questo libro è la crescita di Bean, questo graduale passaggio dal piccolo orfano pronto a tutto per sopravvivere e desideroso di raggiungere il punto più alto, ad un ragazzino in grado di riconoscere i propri sentimenti, e di accettare un secondo posto perchè è giusto.
Il suo passaggio dalla filosofia "Non essere una delle formiche capaci solo di agitarsi nelle loro piccole cose. Sii la scarpa." al "Se sarò ricordato solo perché sono stato uno dei compagni di Ender, così sia. Servire sotto di lui è già una ricompensa." è così delicato, così perfetto, che mi sono quasi sentita orgogliosa di lui, di quanto lontano era riuscito ad arrivare, quel piccolo bimbo arrogante ed egoista.

La parte sulla Terra l'ho trovata più noiosa, che fila come l'olio solo perchè Sorella Carlotta è meravigliosa e sarebbe bello leggere anche di lei che pulisce casa. Ma la sua ricerca della famiglia naturale di Bean non mi ha entusiasmato: ho preferito il dibattito etico che ne scaturisce, e devo dire che la trovo uno dei personaggi religiosi più interessanti che abbia trovato in un libro.
Lei è una suora, e il suo personaggio viene gestito in modo molto intelligente per inserire anche una discussione sul credo, sull'esistenza di Dio e sui Suoi piani. La cosa interessante è che, nonostante il personaggio sia quello che incarna le convinzioni religiose di Card (che è mormone), quello che dice non viene trattato come la verità in Terra. I personaggi che non sono d'accordo con lei sono dotati di dignità, pongono questioni credibili e mettono in luce la natura della fede.. cioè che è fede: prove non ne hai, e raramente il buonsenso ti sostiene, ma tu scegli di crederci e scegli di interpretare il mondo in una certa ottica.
 "Allora, alla lunga, Dio vince sempre." "Sì." "Sulla breve distanza, però, può essere triste."
Quella di Sorella Carlotta non è il chiudere ciecamente gli occhi di fronte agli eventi, ma la forza che credere in una volontà superiore può fornirti per andare avanti, un giorno dopo l'altro, senza crollare.
Nessuno ha torto.
Tra l'altro ho apprezzato che una caratteristica così particolare fosse integrata così bene nel personaggio: è proprio come se fosse descritta una persona vera, non è una caratteristica che cammina e parla, ma una donna combattiva, arguta, incapace di arrendersi.
Determinator.

L'unico personaggio che stona è Achilles: ben integrato nella prima parte, alla fine viene ripescato in fretta e furia per preparare un avversario per i prossimi libri. L'unica cosa interessante è che, da quello che si può intuire, Achilles potrebbe rivelarsi più una nemesi di Peter Wiggin che di Bean.
Il che mi sta facendo sperare che nei seguiti ci possa essere un'alleanza tra il fratello di Ender e i ragazzi della scuola di guerra. O quantomeno Bean.

In definitiva, un ottimo libro che, pur essendo una specie di retelling, riesce ad essere originale ed interessante grazie alla gestione dei personaggi e alla scelta di approfondire gli spunti che il suo fratello maggiore non aveva potuto approfondire.

Mio malgrado, con profondo conflitto interiore.

4 commenti:

  1. Ho sempre più voglia di leggermi "Il gioco di Ender" *-*
    Perché non ho mai tempo? Perché??? T_T

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ci sono così tanti libri... le WL ormai tendono all'infinito ç_ç

      Elimina
  2. Ma quanto mi piacciono le tue recensioni?
    E, soprattutto... quanto cavolo voglio leggere Ender's Game ç.ç

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Leggilo, ne vale la pena :D
      In Italia lo conosciamo troppo in pochi é_è

      Elimina