martedì 20 settembre 2016

Lo chiamavano Jeeg Robot

Aspetta, ma allora anche da noi si possono fare film veri.

Lo chiamavano Jeeg Robot è un film che è partito interessandomi zero spaccato, e alla fine ho aspettato con ansia di vederlo perchè quando il passaparola mi ha raggiunta era troppo tardi per beccarlo al cinema.
Poi, siccome tutti ne parlavano bene, ho deciso di fare una cosa che faccio raramente: scommettere sui giocatori di casa. Non l'ho scaricato, non l'ho guardato in streaming, non ho cercato spoiler: silenzio stampa fino all'uscita del dvd che ho comprato a scatola chiusa e domenica, finalmente, l'ho visto. E mi è piaciuto tanto tanto tanto.
I film italiani moderni (ossia da vent'anni a questa parte) mi dicono poco. Troppo casalinghi, troppo intenti a ricreare una realtà che sembra più un luogo comune che la realtà vera, forzatamente simpatici e con quella critica sociale che più che denunciare sembra rassicurare lo spettatore che sì, ha ragione. Non sono vendibili all'estero perchè universali come una frase in dialetto stretto, e spesso girati con molta faciloneria, che io di cinema non me ne intendo ma la differenza con gli altri la vedo.
Ecco, il primo pregio di Lo chiamavano Jeeg Robot sta lì: la tecnica. Ci sono delle scelte registiche, c'è una fotografia, c'è un'editing, ci sono attori bravi che vengono diretti bene, c'è un comparto sonoro e una colonna sonora. C'è voglia di fare un cinema che sia all'altezza di quello internazionale.
La prima scena, vista aerea di Roma ed inseguimento, regge i paragoni con tutto. Questo film è stilisticamente bello.
Poi la grande domanda: è possibile un film di super-eroi credibile, in Italia? A sorpresa la risposta è sì, perchè Mainetti, Guaglianone e Menotti non scimmiottano l'America, non fanno il verso alla Marvel o alla DC: siamo di fronte ad un film di super-eroi, ma anche a un film italiano. Non so come spiegarmi: questo film si sdogana da quello che pare debba essere per forza il cinema nostrano, non sembra mirato solo ed esclusivamente al mercato nazionale... ma è anche, innegabilmente, chiaramente, italiano.
Il protagonista è Enzo, un piccolo criminale romano cinico e solitario: misantropo, disilluso, sembra esistere più che vivere, mangia solo yogurt e guarda porno, vaccinato alle brutture e alle ingiustizie perchè ci vive dentro. Poi gli capita la più classica delle origin-story: per sfuggire alla polizia si butta nel Tevere e ne esce col pacchetto base di poteri. Forza, resistenza, un fattore di guarigione.
A questo non segue una grande rivelazione, né una presa di coscienza: Enzo ne approfitta per rubare meglio: la sua prima impresa è scardinare un bancomat, il suo primo soprannome "il Supercriminale".  Sostanzialmente diventa il cattivo della settimana di un telefilm della CW e a lui sta bene così, finchè non incontra Lei.
Lei è Alessia, una giovane donna con la mentalità di una bambina completamente in fissa con l'anime Jeeg Robot, che usa per interpretare la realtà.
Too innocent, too pure.
Alessia è meravigliosa, un po' perchè non sono tanti i film di super-eroi dove la protagonista femminile ha problemi psichiatrici, un po' perchè è l'unico raggio di luce della storia (anche se quando capisci cosa l'ha ridotta così vuoi prendere a mattonate nei denti chi l'ha definita un comic relief), un po' perchè qui vediamo la conseguenza di povertà, ignoranza e abusi non nel riscatto morale e nella ricerca di giustizia, ma nel disagio mentale: Alessia ne ha passate talmente tante che alla fine si è rotta.
Lei "scambia" Enzo per Hiroshi Shiba, si convince che è un eroe e passa tutto il tempo a convincere lui, di esserlo.
E il loro rapporto... da un lato è tenerissimo, dall'altro è così sbagliato da risultare disturbante. Perchè non è chiaro quanto sia valido il consenso della ragazza, perchè lui è disagiato tanto quanto lei e vede il sesso come un modo per sfogare un bisogno fisico.
Sembra il Joker di Leto, ma venuto bene.
Ma non si può parlare di un super-eroe senza parlare della sua nemesi, ed ecco quindi lo Zingaro.
Un personaggione, lo Zingaro, un signor cattivo che riesce a ricordare il Joker in modo positivo (nel senso che non è il Joker buono, è un personaggio che pur ricordando il Joker non sfigura). Affamato di fama, ossessionato dalle icone pop degli anni '80, questo tizio è un criminale da quattro soldi, temuto nel quartiere ma una mezza calzetta quando ne esce, che vuol fare il salto di qualità mettendosi in affari con dei camorristi. Violentissimo, completamente privo di controllo, interpretato da un Luca Marinelli in stato di grazia, in perenne over-acting ma senza risultare fastidioso. Alla fine ti sta simpatico perchè anche lui sembra uno che la vita gli ha servito delle gran palate di merda.
Che poi è il motivo per cui vuoi bene ad Enzo nonostante sia una brutta persona: Claudio Santamaria riesce a mostrare le varie sfaccettature di un uomo che parla poco e gli importa - in senso lato - ancor meno, eppure con una tale malinconia di fondo che non puoi non empatizzare.
La faccia di Enzo nei momenti leggeri.
Questo è un bel film, uno che riesce non solo ad essere un (il) film italiano di questo genere, ma pure a raccontare qualcosa di nuovo sfruttando proprio la sua ambientazione: c'è la criminalità organizzata, piccola e grande. C'è la povertà, il degrado, il coraggio di mostrare personaggi anticonvenzionali e "problematici" - per usare una parola tanto cara a tumblr (my fave is problematic). Si mostra la bruttura, che da persone che conoscono solo il peggio non viene fuori magicamente il bello (e mi riferisco ad una scena, veramente disturbante, eppure così coerente con quello che sono i personaggi in quel momento).
Ma è anche un film divertente, un film commuovente, e un film dove si menano dei tizi che non hanno mai preso lezioni di combattimento eppure ti gasi un sacco.

Ho letto una recensione (non so se americana o inglese o semplicemente in inglese) che iniziava così: "In short: it's like a sad Captain America versus a sad Joker, and it's great", e devo dire che concordo.
Insomma, a me questo film non dico che ha ridato fiducia nel cinema italiano, ma ha ridato fiducia nel cinema italiano.
O almeno la voglia di investirci del tempo.

12 commenti:

  1. Mi ha intrigato sin da quando è uscito (stranamente o forse non tanto) e le recensioni positive non hanno fatto altro che suscitare ancora di più la mia curiosità!
    Dopo aver letto la tua recensione è possibile che io ci faccia un pensierino in questi giorni ^^"

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Guardalo, che merita davvero. Sarebbe bello se riuscisse a diventare un punto di svolta per il nostro cinema.

      Elimina
  2. Visto al cinema, e concordo con tutto quello che hai scritto! :) E il mio ragazzo si è comprato il bluray l'altro giorno, quindi mi sa che a breve me lo rivedrò :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io l'ho fatto vedere anche a mia madre XD (che ha apprezzato, tra l'altro)

      Elimina
  3. Non ho avuto il tuo stesso "coraggio", nel senso che non me la sono sentita di comprarlo in dvd o bluray a scatola chiusa: però sto aspettando la disponibilità sul servizio primafila di sky, in modo tale da guardarlo come si deve senza spendere più di tre o quattro euro!:P
    Se dovesse piacermi (e a questo punto, sono quasi certa che sarà così! *____*), naturalmente non tarderò a seguire il tuo esempio! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non avendo Sky le mie possibilità di vederlo in tempi brevi si riducevano a comprarlo, scaricarlo e guardarlo in streaming XD ho optato per la legalità.
      Spero piaccia anche a te :D

      Elimina
  4. L'ho visto al cinema e mi è piaciuto tantissimo, concordo con tutto quello che hai scritto, ho comprato il DVD proprio qualche giorno fa :)

    RispondiElimina
  5. Film fatto da manuale... letteralmente.
    Si vede l'uso canonico del modello classico/aristotelico, quello insegnato dalla Marks per dire, e soprattutto si vede l'importanza dell'antagonista come opposto morale del protagonista (anche visualizzabile in facili coppie di caratteristiche opposte: esibizionista - chiuso; vuole comandare - non ha amici ecc.) nel modo in cui lo insegna John Truby.

    Ma i manuali possono solo aiutare a organizzare il materiale che uno ha già e sfruttarlo meglio. Qui c'erano grandi idee, grandi dettagli, che trasudavano un senso di profondo realismo e di italianità (il nastro adesivo, il dito amputato che sciacqua nella scarpa, i dvd porno sparsi in giro, la comparsata televisiva nel passato del cattivo, l'uso non pesante -grazie al romanesco- di un po' di sano dialetto e parlata da criminalotti ecc.).

    C'era un approccio che posso solo condividere, visto che è quello che ho sostenuto per anni e che ha guidato anche la creazione delle opere di Vaporteppa come "Blestemat" o "Alieni Coprofagi dallo Spazio Profondo": ciò che rende più potente e vero l'elemento fantastico, è il realismo del mondo attorno che lo sostiene. E un tocco di umorismo, come lo voglio per Vaporteppa e come c'è nelle due opere citate!
    Che poi mica lo dico solo io... è Lovecraft che l'ha sostenuto, credo, per primo in "Notes on Writing Weird Fiction".

    Questo film mostra in pieno quanto detto da McKee in "Story" sul problema di fondo del cinema europeo: quando smette di percorrere le vie delle strutture minimaliste (ovvero zeppe di errori concettuali) e torna in carreggiata sul modello aristotelico (quello usato da Hollywood), i risultati arrivano subito.

    Come avvenuto al cinema asiatico, anche, che ha conquistato pubblico in occidente grazie all'uso del modello aristotelico, nonostante soffrisse pure lui di tutti i problemi di distribuzione che il cinema europeo accusava come unico motivo delle proprie difficoltà rispetto al cinema statunitense. Europei che inventavano scuse e si piangevano addosso, per non dover tornare alla teoria classica che è più difficile da gestire con originalità. ^__^

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Di tecniche del cinema me ne intendo poco e niente (da quel punto di vista mi hai persa ad aristotelico ^^;;) il che dimostra quanto quel disprezzo che, nel nostro paese, si associa alla tecnica applicata alle arti (si sa, son cose che vengono dal cuore e dove basta il talento, studiare per sfruttarlo al meglio non si fa) sia sbagliato e controproducente: pure io che non sono un'esperta la differenza tra questo e una fiction proiettata al cinema la riconosco. La cura nei dettagli, nella capacità di costruire non solo una storia credibile a prescindere dai poteri raccattati cascando nel Tevere, sono quello che rendono Lo chimavano Jeeg Robot un prodotto di qualità e potenzialmente competitivo nel mercato internazionale.
      Tra l'altro ha pure dimostrato che non è il pubblico a non apprezzare questi progetti: è stato un successo su tutti i fronti. Che scusa tireranno fuori, adesso che è stato di nuovo dimostrato che c'è la domanda per questo tipo di progetti?

      Elimina
    2. Si inventeranno qualche scusa per continuare a fare cinema male (ovvero apprezzabile, per colpa di tutti gli errori e scelte poco valide, solo a nicchie di pubblico), succhiando aiuti di stato.

      Almeno i registi artisti di cui parla McKee sono guidati dall'avidità: sanno che facendo film a bassissimo budget, per nicchie, ottengono sempre un guadagno anche molto buono in rapporto a quanto speso (seppur piccolo in assoluto)... e rifiutano anche di fare film con budget maggiori, perché temono di non superare le spese e di rovinarsi la carriera.

      La spiegazione in "Story" su come dietro certo cinema di nicchia per raffinati vi sia dietro un mix di avidità e codardia nel rischiare opere diverse, ribalta il tavolo di chi sta tirando fuori le palle nel fare Arte e chi no, visto che i rischi spesso li prendevano i grandi produttori con i film normali. ^___^

      Elimina
  6. L'ho visto al cinema e ne sono uscita gasata, perché non mi aspettavo mi sarebbe piaciuto così tanto! Concordo con quel che hai scritto e sono felice che anche tu sia entusiasta quanto me :)

    RispondiElimina