lunedì 4 maggio 2020

Il passo di Merlino - La foresta di Brocelandia

Il passo di Merlino e La foresta di Brocelandia, di Jean Louis Fetjaine.

Mi sa che questa cosa che ogni tanto recensirò le duologie/serie tutte in una volta la tengo.

Chi era Merlino? Quanta verità storica c'è nella leggenda dell'incantatore che  educò il giovane Artù? Perché, ancora ragazzo, venne spietatamente perseguitato? E perché si diceva che fosse figlio del diavolo? Con l'accuratezza dello storico, Jean-Louis Fetjaine ricostruisce le vicende belliche e politiche dell'antica Bretagna piagata dalle invasioni, con la sapienza del romanziere, con la passione del fantasy, descrive i paesaggi di un viaggio tra castelli, lande desertiche e foreste impenetrabili.

Con questa duologia, trovata per caso mentre guardavo le offerte su ibs, si torna nel mondo dei retelling del ciclo arturiano.
Questa volta, come si può intuire dal titolo e dalla quarta di copertina, siamo di fronte ad un prequel, ad uno di quegli autori che non vuole parlare nel ciclo arturiano in senso stretto, ma di Merlino, e di applicare a lui - e non ad Artù - la chiave di lettura più storica e un po' meno fantasy.
Un intento interessante, almeno sulla carta, ma che non mi ha convinta.
Per dirla veloce: questa duologia mi sarebbe piaciuta molto di più se non avesse avuto niente a che fare con il mito arturiano... perché, di fatto, non ha praticamente niente a che fare con il mito arturiano.
Giusto qualche nome ogni tanto.
Partiamo, a sorpresa, dai lato positivi: questi libri sono scritti veramente bene, hanno delle belle descrizioni, i personaggi sono ben tratteggiati, e soprattutto ho apprezzato come Fetjaine abbia creato un'ambientazione dove storia e mitologia si intrecciano in modo naturale e delicato, un ottimo punto di congiunzione tra il romanzo storico e il fantasy.
Viene descritto molto bene un mondo dove cristianesimo e folclore si incontrano e si scontrano, dove anche la religione sembra quasi perdere un po' dell'alone di sacralità per sconfinare nella mitologia.
La storia, poi, è molto interessante perché siamo di fronte ad una lotta di potere, dove vediamo un uomo - non peggiore di tanti, e migliore di molti - arrivare a compiere atti di cui noi lettori non lo avremmo mai ritenuto capace, per via dell'ambizione negata, nell'incapacità di accettare che sia un altro a ricoprire un determinato ruolo.
Abbiamo Merlino, il giovane protagonista, che per via della sua nascita vede la propria reputazione praticamente distrutta prima di esistere, il giovane bardo che tutti credono un diavolo, figlio di una regina e di padre ignoto, forse un re o forse un demone.
Merlino si muove sul confine di tutti i mondi, senza riuscire ad appartenere a nessuno, non del tutto almeno, e la sua missione di fare ciò che è giusto ed onorevole finisce per mutare in una ricerca su sé stesso, sulla sua natura e sul suo ruolo.

Insomma, di lati positivi ce ne sono, e come duologia è molto affascinante. Il problema principale, però, è che col ciclo arturiano e con Merlino c'entra ben poco: non basta dire che il protagonista è Merlino, perché questa storia avrebbe funzionato meglio (e sarebbe stata più onesta) come storia sui fae e sulla mitologia britannica.
Non basta dire che c'è Merlino, che alla fine ci sia un bambino che si chiama Artù, e se guardi bene in fondo alla sala della festa c'è Taliesin. Abbi il coraggio di scrivere una storia originale.
Poi, il mio altro problema è che non si capisce quanti anni abbia Merlino: è sempre definito "bambino", poi lo vediamo mettere incinta una ragazza.
Ero molto, molto confusa.

In definitiva una lettura che non consiglio e non sconsiglio.

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