giovedì 12 aprile 2018

Una questione privata

Una questione privata, di Beppe Fenoglio.

Da quanto tempo non leggevo un classico italiano.

Nelle Langhe, durante la guerra partigiana, Milton (quasi una controfigura di Fenoglio stesso), è un giovane studente universitario, ex ufficiale che milita nelle formazioni autonome. Eroe solitario, durante un'azione militare rivede la villa dove aveva abitato Fulvia, una ragazza che egli aveva amato e che ancora ama. Mentre visita i luoghi del suo amore, rievocandone le vicende, viene a sapere che Fulvia si è innamorata di un suo amico, Giorgio: tormentato dalla gelosia, Milton tenta di rintracciare il rivale, scoprendo che è stato catturato dai fascisti.

Da piccola i partigiani mi affascinavano: mio nonno lo fu - anche se mai, mai, ha voluto parlare con noi degli anni della guerra - e li immaginavo come eroi senza macchia e senza paura. Andavo ancora alle elementari quando mio padre mi disse che non era così, quando provò a spiegarmi che essere dalla parte del giusto non vuol dire avere ragione a prescindere, che cose brutte furono fatte da ambo gli schieramenti.
Credo volesse farmi capire che le persone sono persone, e di eroi senza macchia e senza paura ce ne può essere uno, difficilmente un esercito.
Ma io avevo nove anni e questo discorso l'ho capito solo molto tempo dopo, quando potevo solo ringraziare che avesse avuto una considerazione troppo alta del mio intelletto di bambina, lasciandomi il ricordo della sua opinione su molte cose di cui avrei voluto parlare con lui. E comunque una parte di me abbraccia ancora questa visione ingenua, tant'è che il mio libro preferito sulla Resistenza è L'Agnese va a morire di Renata Viganò.
Una questione privata è più orientato verso mio padre, ed è un libro che ho amato: corto, incompiuto, così terribilmente vero eppure non ho potuto non sperare in un lieto fine, non ho potuto trattenermi dall'immaginare che - dopo l'ultima pagina mai ripresa in mano da Fenoglio - ci fosse una conclusione positiva a prescindere dal realismo.
Perché questo è un libro che, nella morte, parla della vita.
Milton è un giovane partigiano di poco più di vent'anni e innamorato di Fulvia, con cui ha avuto un'amicizia platonica ed intellettuale che potrebbe essere un flirt, un da cosa nasce cosa. È un ricordo dolce, quello di Fulvia, la prova che esiste altro oltre al freddo, la fame, la morte, la guerra. È la possibilità di un dopo.
Ma poi l'irreparabile, una cosa banale eppure totalizzante: Fulvia forse è innamorata di Giorgio, il migliore amico di Milton, e forse tra i due c'è stato qualcosa.
Una cosa normale, già letta, vista e sentita: due amici e una ragazza. Roba che in un pomeriggio la risolvi, visto che Milton ha la reazione più normale di tutte, ossia cercare il rivale e chiedere a lui. Esperienze di vita che a vent'anni fai, che possono finire con l'amicizia incrinata e il cuore infranto.
Solo che c'è la guerra, Giorgio è appena stato catturato dai fascisti, e Milton si lancia in una crociata impossibile e sfiancante per salvarlo, non tanto per amicizia o per giustizia, ma per la questione privata del titolo: per chiedergli cosa facevano lui e Fulvia la sera nei campi, se è vero che il suo migliore amico è andato con la ragazza di cui è innamorato.
Nel grande quadro delle cose sarebbe impossibile comprendere il nostro giovane protagonista: come puoi fissarti su una cosa così triviale quando è Hitler il nemico, quando su a nord ci sono i campi di sterminio, quando si è in una guerra che finirà con l'esplosione di due atomiche?
E invece è impossibile non comprenderlo, perché ci sono più persone che eroi, e comunque gli eroi sono persone: aggrapparsi in modo ossessivo a un banale triangolo è aggrapparsi in modo ossessivo a qualcosa che è vita, che non è morte. È essere giovani, in un mondo che rende straziante qualsiasi scelta, con conseguenze orrende per persone che non c'entrano niente, e la colpa non è certo di Milton.

Fenoglio mostra in modo impeccabile che i partigiani erano persone, ragazzi e uomini induriti ed incattiviti, per cui il ricordo della pace, dei sogni innocenti e delle speranze, è importante, come se fosse accettabile rischiare di perdere la propria umanità per quel piccolo frammento di luce senza cui non hai più niente, diventando l'equivalente di un cane rabbioso.
Non ha paura questo autore, di farci vedere che tutti erano stanchi, disperati, che litigavano tra loro, che della guerra non ne potevano più, probabilmente perché lui è stato partigiano... non so, ho avuto l'impressione che volesse mostrare la Resistenza com'era davvero e non la versione idealizzata che, almeno io, ho sempre portato nel cuore.
Consigliatissimo se, come nel mio caso, non ve l'hanno fatto leggere a scuola.

2 commenti:

  1. Complimenti per la recensione, è davvero bellissima! Fenoglio è un autore che mi piace molto, ma questo libro mi manca... Ora però mi è venuta voglia di recuperarlo al più presto!

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    1. Grazie :) io, invece, di Fenoglio ho letto pochissimo.

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