mercoledì 13 settembre 2017

Revival

Revival, di Stephen King.

Per quanto strano possa sembrare, Stephen King è un autore che ho conosciuto alla fine dell’infanzia e nella prima adolescenza: lo leggeva mia madre, e io – alla veneranda età di undici anni – lo leggevo di nascosto quando andava a fare la spesa e si portava dietro mia sorella. Di conseguenza King è stato uno degli autori che ho abbandonato una volta raggiunta la maturità e solo ultimamente, complice una ventata di nostalgia portata dal trailer di It, ho ricominciato a leggerlo. Ho riletto It, appunto, e mi è venuta voglia di qualcosa di nuovo. Ho preso Revival per la profondissima ragione che è stato il primo che mi sono trovata sotto mano.

Più di cinquant'anni fa, in una placida cittadina del New England, un'ombra si allunga sui giochi di un bambino di sei anni. Quando il piccolo Jamie alza lo sguardo, sopra di lui si staglia la figura rassicurante del nuovo reverendo, appena arrivato per dare linfa alla vita spirituale della congregazione. Intelligente, giovane e simpatico, Charles Jacobs conquista la fiducia dei suoi parrocchiani e l'amicizia incondizionata del bambino: per lui il pastore è un eroe, soprattutto dopo che gli ha "salvato" il fratello con una delle sue strepitose invenzioni elettriche. Ma l'idillio dura solo tre anni: la tragedia si abbatte come un fulmine su Jacobs, tutto il suo mondo è ridotto in cenere e a lui rimane solo l'urlo disperato contro il Dio che lo ha tradito. E il bando dal piccolo Eden che credeva di avere trovato. Trent'anni dopo, quando Jamie avrà attraversato l'America in compagnia dell'inseparabile chitarra che l'ha reso famoso, e dei demoni artificiali che ha incontrato lungo il cammino, l'ombra di Charles Jacobs lo avvolgerà ancora: questa volta per suggellare un patto terribile e definitivo. "Revival" è il racconto di due vite, quella che King ha vissuto e quella che avrebbe potuto vivere, attraverso due personaggi formidabili per potenza e fragilità, due uomini ai quali accade di incontrare il demonio e di affondare nel suo cuore di tenebra.

Revival fa chiaramente parte della produzione minore di King: non sarà mai uno di quelli da leggere assolutamente, ma ciò non toglie che sia una lettura più che dignitosa e per certi versi particolare.
In questo libro vengono raccontate due vite: quella di Jamie, protagonista e voce narrante, e quella del pastore Jacobs. I due si sono incontrati quando Jamie era solo un bambino, ma è subito chiaro che tra di loro si è venuto a formare un legame intenso e non necessariamente positivo (metto subito in chiaro che a prescindere dalla coppia prete-bambino, questa non è una storia che parla di preti pedofili: a me all'inizio il dubbio era venuto, dati gli scandali degli ultimi anni).
Il pastore, ossessionato dall’elettricità, è un uomo appassionato al suo lavoro, attento ai giovani della sua comunità, padre e marito affettuoso.
Però… però quel senso di inquietudine che King riesce a creare in modo così magistrale è sempre lì, con un hobby dalle sfumature malsane, con piccoli esperimenti apparentemente innocui ma che ti fanno venire i brividi.
È la tragedia a separare i due personaggi principali, e da quel momento noi lettori seguiamo la vita di Jamie, siamo testimoni dei vari momenti in cui lui e il pastore si incontrano nuovamente.
La trama, da questo punto di vista, è semplice: ogni volta che si vedono succede qualcosa legato all’elettricità e agli esperimenti del pastore, sempre più strana, sempre più disturbante, fino al momento in cui il mistero viene svelato e improvvisamente ti ricordi perché King è chiamato il re dell’horror.
In ambito tecnico è un libro che ha il suo valore nella scrittura: Stephen King sa scrivere, ergo anche i lavori minori (per quanto possano piacere o meno) hanno una loro dignità e questo non fa eccezione, perciò abbiamo il solito stile pulito, evocativo e per niente stancante a cui questo grande autore ha abituato. La più grossa critica che posso muovere a Revival riguarda il fatto che l’elemento sovrannaturale e/o da incubo appare sporadicamente, mentre per la maggior parte del tempo si tratta della storia di Jamie, con i suoi alti e bassi, e non è una vita particolarmente interessante. Però, allo stesso tempo, permette di conoscerlo tanto e di affezionarsi moltissimo: alla fine difetto e punto di forza coincidono, perché io ho trovato incredibile il lavoro svolto su questo personaggio, su come sia ben costruito ed è questo ad avermi tenuta incollata alle pagine: volevo vedere cosa gli sarebbe successo, come (e se) e ne sarebbe uscito.
Per contro Jacobs non ha lo stesso trattamento: poiché appare molto meno la sua evoluzione avviene fuori scena. Vediamo le drammatiche conseguenze dell’ossessione e dell’incapacità di andare avanti, ma non come è arrivato a certi estremi, col risultato che – per quanto umanamente comprensibile – la sua metamorfosi risulta narrativamente improvvisa e poco giustificata: è una nemesi che non viene mai analizzata a tutto tondo.
Le atmosfere generali della storia ricordano molto quelle di Lovecraft, i miti di Cthulhu e i Grandi Antichi... al punto che non solo non sono rimasta sorpresa quando ho letto che Revival si pone sia come omaggio che come lavoro che "ha tratto ispirazione da", ma mi ha anche fatto venire una grande voglia di rileggere Lovecraft (e infatti di lì a pochissimo ho iniziato e finito Il profeta dell’incubo). Non so, forse certe cose le ho accettate senza troppi problemi proprio perché non riuscivo a non pensare che da qualche parte ci stessero anche Azatoth e Nyarlathotep, e che l'universo funzionasse più o meno come quello lovecraftiano.
Altre cose, di sicuro, le ho date per scontate perché ormai ritengo quasi tutti i lavori di King appartenenti ad un’unica continuity e i problemi grossi e apparentemente insormontabili ci penseranno Roland e i Pistoleri a risolverli… nonostante, a mente fredda, questo possa essere uno di quelli che stanno in un mondo a sé.
Alla fine è un libro dignitoso, secondo me una lettura leggera all’interno del genere horror e di certo non uno dei lavori più significativi di Stephen King. Però è scritto bene, la storia funziona e, anche se non mi lascerà niente che porterò con me per il resto della vita, mi ha intrattenuta e mi ha fatto passare dei momenti piacevoli.

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