martedì 14 gennaio 2020

Il giorno fatale

Il giorno fatale, di Mary Stewart.

Ormai ho perso le speranze che l'epilogo delle serie della Stewart venga ripubblicato, perciò me lo sono riletto nella mia edizione vintage.

Un romanzo fiabesco, trasognato e magico, che riprende gli elementi della leggenda di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Con la consueta felicità di scrittura, Mary Stewart trasporta i suoi personaggi in un'atmosfera umanissima, togliendoli dal ruolo emblematico di buoni e cattivi, per farne degli uomini combattuti tra lealtà e ambizione, amore e odio, cuore e ragione.

Il giorno fatale è stato il primo libro che abbia letto con protagonista Mordred.
Fino a quel momento il figlio bastardo di Artù per me era stato il classico "mi piacciono sempre i cattivi che muoiono male": un personaggio negativo, con il fascino del villain, una specie di Scar nato prima ma meno iconico.
È facile, rendere affascinanti i cattivi, e noi lettori lo sappiamo bene.

La Stewart, per me, fu la prima ad avvicinarsi al personaggio da un'angolazione completamente diversa: fare di Mordred non l'antagonista della tragedia, ma la vittima. Mordred, pedina di un piano altrui, strumento di un destino che non ha chiesto e che non vuole ma da cui non può scappare.
Mary Stewart ce lo fa conoscere bambino, un ragazzino cresciuto da pescatori, completamente ignaro del suo retaggio.
Un bambino che parrebbe destinato ad essere odiato dall'Artù di questa serie: figlio di Morgause (nemesi di Merlino, e noi sappiamo quanto Artù sia protettivo nei confronti del mago, in questo retelling), cresciuto nelle Orcadi all'ombra di Lot (che con Artù non è che si amassero alla follia), causa della macchia sull'onore di Artù (incesto, più il massacro dei bambini di maggio a lui attribuito), e per non farsi mancare proprio niente manipolato dalla madre per considerare il re un nemico.
Sarebbe stato facile sfruttare questi elementi per mostrarci un dramma in cui i traumi pregressi impediscono una riconciliazione familiare (e che sia facile non vuol dire che sia brutto, vedi la trilogia della Woolley, ad ora il mio retelling preferito che ti strazia il cuore e l'anima di qui all'eternità usando questa trama); meno facile mostrare un Artù pronto a riconoscere i meriti del figlio, un Mordred sì ambizioso ma abile politico e guerriero, fedele al padre, che preferirebbe morire piuttosto che fargli del male.

E qui il libro diventa ancora più interessante, perché per mandare tutto a rotoli non basta più solo Mordred unito al destino: serve un contesto. Servono altri personaggi, alcuni dalla psiche infranta, dediti a destabilizzare la situazione. Serve la differenza tra la vecchia e la nuova generazione, con la prima che vede alcune decisioni della seconda come un tradimento piuttosto che come una novità.
Serve che Mordred, alla fine, sia ambizioso (ma non cattivo) rifiutando di fare un passo indietro.
E per fare ancora più male, serve la consapevolezza che bastava poco, ma così poco, affinché tutto andasse bene.
Ma il ciclo arturiano è così: puoi raccontarlo come vuoi, ma alla fine c'è sempre Camlann. Alla fine c'è sempre il giorno fatale, dove Artù e Mordred moriranno l'uno sull'arma dell'altro, a prescindere da quanto amore od odio ci siano stati tra loro.

2 commenti:

  1. La serie arturiana di Mary Steward è bellissima, la lessi tutta anni fa e conservo ancora gelosamente i libri.

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    1. Io ho preso la ristampa di qualche anno fa, un po' perché mi piacevano le edizioni e un po' per sostenere una scelta editoriale più di nicchia. Purtroppo hanno stampato solo i primi tre, mentre speravo sia in questo che ne Il principe e il pellegrino, che non sono riuscita a recuperare ai tempi 😢

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