In breve: ve lo consiglio.
C'è stato un tempo in cui non esistevano le boutique di prêt-à-porter e tantomeno le grandi catene di moda a basso prezzo, e ogni famiglia che ne avesse la possibilità faceva cucire abiti e biancheria da una sarta: a lei era spesso dedicata una stanza della casa, nella quale si prendevano misure, si imbastivano orli, si disegnavano modelli ma soprattutto - nel silenzio del cucito - si sussurravano segreti e speranze. A narrarci la storia di questo romanzo è proprio una sartina a giornata nata a fine Ottocento, una ragazza di umilissime origini che apprende da sola a leggere e ama le opere di Puccini ma più di tutto sogna di avere una macchina da cucire: prodigiosa invenzione capace di garantire l'autonomia economica a chi la possiede, lucente simbolo di progresso e libertà. Cucendo, la sartina ascolta le storie di chi la circonda e impara a conoscere donne molto diverse: la marchesina Ester, che va a cavallo e studia la meccanica e il greco antico; miss Lily Rose, giornalista americana che nel corsetto nasconde segreti; le sorelle Provera con i loro scandalosi tessuti parigini; donna Licinia Delsorbo, centenaria decisa a tutto per difendere la purezza del suo sangue; Assuntina, la bimba selvatica... Pur in questa società rigidamente divisa per classe e censo, anche per la sartina giungerà il momento di uscire dall'ombra e farsi strada nel mondo, con la sola forza dell'intelligenza e delle sue sapienti mani. Bianca Pitzorno dà vita in queste pagine a una storia che ha il sapore dei feuilleton amati dalla sua protagonista, ma al tempo stesso è percorsa da uno sguardo modernissimo. Narrare della sartina di allora significa parlare delle donne di oggi e dei grandi sogni che per tutte dovrebbero diventare invece diritti: alla libertà, al lavoro, alla felicità.
Volevo aspettare l'edizione economica di questo libro, ma non ci sono riuscita: avete visto quanto è bella questa edizione? I toni del rosa, il titolo composto dai rocchetti di filo... non ho potuto resistere.
In compenso, data la mia tbr infinita, si può dire che ho resistito parecchio al leggerlo, questo povero libro, e ora non posso certo dire di aver sbagliato ad aspettare perché ci sono storie che devono arrivare al momento giusto.
Il sogno della macchina da cucire, per certi versi, rende omaggio ad un mondo ormai scomparso, ad un mestiere che non c'è più, e lo fa nel modo più commuovente, più giusto: ricordandoci che non si è mai trattato solo un mestiere, ma delle vite di tante persone. Persone umili che sono vissute, che hanno fatto la storia nel senso che ne hanno fatto parte, quei tanti piccoli tasselli che hanno portato l'Italia ad essere quella che è oggi, quelle donne che hanno permesso a noi di fare ciò che a loro è stato precluso. Chi non si è ribellato, ma nondimeno è stato un passo verso il futuro.
Il sogno della macchina di cucire mostra un'Italia povera ma dignitosa, ma soprattutto ci mostra la condizione femminile: i nostri occhi e le nostre orecchie sono quelle della sartina, bimba orfana cresciuta dalla nonna che ha ritenuto importante insegnarle un mestiere, in un periodo in cui tra i più poveri quello che contava era la concretezza più che l'intangibile istruzione.
Attraverso la vita della sartina abbiamo modo di vedere i confini invisibili di quello che è concesso e quello che non lo è, vediamo l'importanza della propria reputazione - quando si ha poco altro, e quel poco dipende da quella. Vediamo la voglia di imparare, di leggere, di concedersi lussi, scontrarsi con la realtà e la consapevolezza che le variabili che possono migliorare la propria condizione non sono tutte in nostro possesso.
Ma Il sogno della macchina da cucire è soprattutto una storia al femminile, una specie di raccolta di racconti, dove la sartina - entrando nelle case delle sue clienti - è testimone e narratrice delle storie delle donne che incontra, mostrandoci una fotografia di quanto accadeva nelle stanze delle signore, dove nessuno entrava, e dove la sarta diventava una figura di confine, quasi invisibile, una testimone silenziosa che grazie alla penna di Bianca Pitzorno acquista finalmente una voce, così come le sue clienti.
Questo è un libro davvero molto bello, che stranamente mi ha convinta meno nella "trama orizzonate" e di più nelle parti dedicate alle varie signore, ricche e povere, tutte sottilmente legate dal filo (a volte sottile, a volte molto meno) dell'ingiustizia. Tutte sono vittime della moralità dell'epoca, ma alcune più di altre: in fin dei conti, la condizione femminile era talmente tanto incisa nella pietra, voluta da dio e dalla natura, che coi soldi stranamente aggirarla diventava possibile.
Un libro di donne ma non per questo da donne: è una storia che tutti dovrebbero leggere.
Una autrice che mi manca purtroppo.
RispondiEliminaDevo leggerla, magari proprio con questo romanzo.
Non è per niente una cattiva idea :D
EliminaSe penso che entrambe le mie nonne erano sarte beh, ammetto che questo mestiere non lo vedo così lontano da noi anche se in realtà è proprio così... sta scomparendo, insieme a tanti altri lavori manuali.
RispondiEliminaNemmeno io ho letto nulla di questa autrice ma questa recensione mi ha aiutato a delinearla meglio ♥
È un'autrice che merita un sacco, sia la produzione per l'infanzia che quella per adulti *^*
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