La regina degli scacchi (The queen's gambit) è una miniserie uscita circa un mese fa su Netflix, basata sul romanzo di Walter Tevis (che suppongo sarà presto ristampato, dato il successo televisivo).La serie ha una trama che, a mio avviso, non sembra destinata ad un grande successo: Elizabeth "Beth" Harmon è una bambina rimasta orfana che, nella desolazione di un orfanotrofio della metà degli anni '50, rimane folgorata dagli scacchi.
Il burbero custode le insegna a giocare, e diventa presto chiaro che Beth non è una semplice bambina interessata ad un gioco da tavolo ma un genio, un vero e proprio prodigio che - nel corso della sua vita - non abbandonerà mai la scacchiera entrando giovanissima del mondo dei tornei.
Noi spettatori seguiamo la vita di Beth, dagli otto anni alla metà della ventina, finendo per affezionarci a questa complicata ragazza: Beth non è una persona facile, il suo genio le rende complicato gestire le relazioni sociali, il suo interesse è molto di nicchia in generale, inoltre si trova da subito a dover combattere con i propri demoni, frutto sia dealla morte della madre biologica che degli anni in istituto, che la portano spesso e volentieri in una spirale autodistruttiva di alcool e pasticche. Per quanto raramente questi influenzino il suo modo di giocare.
In questa serie mi ha colpita, oltre alla cura nella costruzione dei personaggi - Beth in primis - il modo in cui vengono mostrate le competizioni agonistiche, prive di quel tipo di adrenalina che siamo abituazioni ad immaginare in situazioni simili: gli scacchi sono strategia, sono ragionamento, quindi il modo in cui generalmente vengono rappresentate le sfide sportive sul piccolo e sul grande schermo qui non c'è, eppure... le partite hanno catturato anche me, che di scacchi so solo come si muovono i pezzi, e il fatto che alcuni scacchisti abbiano confermato che le mosse usate sono realmente esistenti è un valore aggiunto. È stato anche rinfrescante vedere lo spirito competitivo mostrato in modo così sano: sono partite, per forza di cose c'è un vincitore e uno sconfitto, eppure noi vediamo l'immenso rispetto che questi professionisti provano l'uno per l'altro, come sia rarissimo che il perdente non accetti con grazia la sconfitta e non riconosca il valore dell'avversario. E nove volte su dieci, quello che la prende malissimo è Beth.
Insomma, qui gli avversari quando si incontrano ai vari tornei e competizioni si salutano, hanno rapporti di amicizia che vanno oltre l'agonismo, gioiscono per le vittorie dell'altro, si aiutano perché mi hai battuto quindi andrai tu al campionato all'estero, vieni da me che ti spiego come si fa ad organizzare il viaggio visto che non ci sei mai andato prima.Anche coi russi, la grande minaccia, c'è un rapporto incredibile: Borgov è il giocatore che Beth teme e che vuole disperatamente affrontare, si scambieranno tre parole in croce, eppure la profonda stima che nutrono l'uno per l'altra è evidente.
Si tratta, in definitiva, di una serie ben recitata, con una storia accattivante che si muove su più livelli, senza mai un calo di tensione tra un episodio e l'altro.
Se non l'avete già vista, guardatela.
Molto bella. Lei straordinaria nel ruolo.
RispondiEliminaSì, lei è fantastica: ti fa capire tutto con lo sguardo, dato che il personaggio parla davvero poco.
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