mercoledì 25 gennaio 2017

L'altra figlia

L'altra figlia, di Annie Ernaux.

È la prima volta che leggo qualcosa di Annie Ernaux, e probabilmente non è quello da cui iniziare.

In un’assolata domenica d’estate una bambina ascolta per caso una conversazione della madre, e la sua vita cambia per sempre: i genitori hanno avuto un’altra figlia, morta ancora piccola due anni prima che lei nascesse. È una rivelazione che diviene lo spartiacque di un’infanzia, segna il destino di una donna e di una scrittrice, e infiamma l’intensa prosa di questo romanzo breve. «Per lasciarsi alle spalle il fuori fuoco del vissuto» Annie Ernaux intraprende una lettera impossibile a quella sorella sconosciuta. Rivivono così i sensi di colpa e i moti d’orgoglio, le curiosità taciute e le inconfessabili gelosie, il peso del confronto e il privilegio di essere amata. Ancora una volta la grande autrice francese intesse una prodigiosa corrispondenza di sensi tra vivi e morti, scolpendo in una scrittura perfetta la storia di una relazione fragile, preziosa e irrimediabile come ogni esistenza umana.

L'altra figlia non è un romanzo, e in effetti non ha neanche una storia: è una lettera, che pare quasi scritta di getto, indirizzata dall'autrice alla sorella Ginette, morta prima che lei nascesse a soli sei anni.
Personalmente mi aspettavo una lettera piena di rimpianto, la lettere di una donna adulta verso una creatura che è appena rimbalzata nel mondo, verso una sorella maggiore destinata a rimanere bambina per sempre.
In questo senso le mie aspettative sono state disattese e distrutte, tanto che la mia idea - adesso che ho finito la lettura - è che questo libro dovrebbero farlo leggere a chi studia psicologia,  a dimostrazione di come i segreti possano ferire, di quanto il non detto possa segnare per sempre.
Annie ha scoperto dell'esistenza di Ginette per caso, sentendo (non origliando) una conversazione della madre in cui confessava di aver avuto un'altra figlia, morta di difterite, che era più buona di quella viva.
Una frase non destinata a lei, che non avrebbe dovuto sentire, ma che la bambina ha interiorizzato per sempre in un periodo in cui a certe cose non si pensava, ed è così che la sorella diventa il segreto: Annie, per tutta la vita, non troverà mai il coraggio di confessare ai genitori che sa, la ferita provocata da un commento fugace non sarà mai affrontata. Il non detto rimarrà sempre lì, quasi tangibile, nel rapporto coi genitori.
All'inizio della mia epoca, su alcune foto in cui compaio anch'io scattate probabilmente nella primavera del 1945, benchè sorridano, in loro non c'è più né gioventù né spensieratezza, bensì un che di affievolito. Hanno i volti segnati, appesantiti. Lei indossa un vestito a righe che le ho visto a lungo. Porta i capelli messi in piega coi bigodini. Hanno vissuto l'Esodo, l'Occupazione, i bombardamenti. Hanno vissuto la tua morte. Sono genitori che hanno perso un figlio.
Tu sei lì, tra di loro, invisibile. Sei il loro dolore.

L'altra figlia è una lettera con più risentimento che rimpianto, causato da una perversa gara di confronti che Annie non può vincere perchè la sorella è morta e pertanto idealizzata. Non si sente l'esplicito dolore per un legame perduto, perchè i genitori volevano un figlio solo: la vita di Ginette avrebbe significato la non-esistenza di Annie, e lei sembra "vendicarsi" di questo non chiedendo mai di lei, finchè non realizza che tutti coloro che l'hanno conosciuta sono ormai morti.
C'è la morte e c'è la vita. Tu o io. Per essere, ti ho dovuta negare.

Capire questo libro non è facile: sembra una riflessione mirata a dare un senso ai sentimenti che hanno segnato per sempre una famiglia e i rapporti tra i suoi membri. Ma, nonostante i sentimenti conflittuali dell'autrice nei confronti della sorella, sembra anche un modo di rendere reale, indimenticata, la povera Ginette, descrivendo in che modo la sua breve esistenza ha influito a lungo termine. Paradossalmente la descrizione dell'assenza della bambina, di come la vita familiare sia stata ricostruita attorno al vuoto lasciato dalla sua morte, la rende immortale.

Questo è un libro breve, pesante, per certi versi disturbante: l'autrice è molto onesta nel descrivere i suoi pensieri più negativi e, per molti versi, ingiusti. Però è una lettura estremamente coinvolgente, dallo stile poetico ed evocativo... ma da affrontare con cognizione di causa.
E mai, mai, durante un giornata "no", un po' depressa, che lì sennò lo finite e vi tagliate le vene per fare prima.

4 commenti:

  1. Ammetto la mia ignoranza,ma non solo mi ero persa questo libro, mi ero persa anche l'autrice (ma io ho la tendenza a vivere nel mio mondo, quindi non faccio molto testo!).
    Anche se di solito le letture impegnative non mi attirano particolarmente (e quelle "deprimenti" meno che meno), in realtà sono molto incuriosita da questo titolo. Inizio col segnarmelo, perché potrebbe davvero essere una lettura interessante!

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    1. Si tratta di un'autrice che mi ero persa anche io. La cosa buffa è che dopo aver deciso che volevo leggere questo libro ho visto che mia madre stava leggendo un'altro libro su XD

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  2. Mai sentita nè l'autrice nè il titolo.
    Però mi incuriosisce molto. Soprattutto, come hai detto, perchè molto "psicologico".

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    1. Sì, è una lettura prettamente psicologica. Ho anche ammirato molto il coraggio dell'autrice nel mettere su carta pensieri e sentimenti così intimi per poi pubblicarli.

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