giovedì 19 gennaio 2017

Le notti bianche - La cronaca di Pietroburgo

Le notti bianche - La cronaca di Pietroburgo, di Fedor Dostoevskij.

È sempre strano, per me, recensire un classico che non mi ha lasciata perplessa.

Un giovane sognatore, nella magia vagamente inquieta delle nordiche notti bianche, incontra una misteriosa fanciulla e vive la sua “educazione sentimentale”, segnata da un brusco risveglio con conseguente ritorno alla realtà. Un Dostoevskij lirico, ispirato, comincia a riflettere sulle disillusioni dell’esistenza e dell’amore nell’ultima opera pubblicata prima dell’arresto e della deportazione, esperienze che modificheranno in maniera radicale e definitiva la sua concezione dell’uomo e dell’arte. In questa edizione, al celebre racconto viene affiancata la visione “diurna” di Pietroburgo contenuta nei feuilletons che compongono la Cronaca di Pietroburgo, vero e proprio laboratorio per la scrittura dostoevskiana. Lo stretto legame tra pubblicistica e letteratura, che accompagnerà Dostoevskij negli anni della maturità, viene così a manifestarsi fin quasi dal suo esordio.

Questo è il mio secondo libro del 2017 e, di nuovo, non sono convinta al 100%.
Dostoevskij è un'autore a cui sono affezionata, visto che mi ha aperto la porta al mondo dei classici, ma devo dire che non andiamo sempre d'accordo e quest'opera è una di quelle che mi mette un po' in crisi perchè la trovo interessantissima se inserita nella sua produzione, un po' meno come libro a sé.
Le notti bianche è l'ultimo lavoro di Dostoevskij prima che venisse arrestato e deportato. L'ultimo lavoro prima di esperienze traumatiche come la condanna a morte annullata quando era già davanti al plotone di esecuzione.
Prima che la sua visione del mondo cambiasse radicalmente.
Prima e dopo.
Le notti bianche è un racconto lungo, lirico, dolce-amaro, con un'atmosfera quasi irreale ed inquieta come può esserlo quella dei sogni.
La storia è quella di un giovane sognatore che, durante le notti bianche russe, conosce la giovane Nasten'ka. Tra i due nasce un'amicizia sincera e, notte dopo notte, noi lettori scopriamo le loro storie.
Il sognatore, di cui non sappiamo neanche il nome, vive il rapporto con Nasten'ka non solo come la sua "educazione sentimentale", ma come la scoperta che il mondo reale esiste ed è più vivo e coinvolgente di quello interiore, e che una possibilità concreta, il sogno di qualcosa che può avverarsi, è un'esperienza che rende la vita più bella e ricca, che offre uno scopo che i sogni puri e semplici non danno e che, in definitiva, scontrarsi con la realtà ed uscirne sconfitti non è per forza la cosa peggiore che ti potrà mai capitare, anzi.
Ho inoltre trovato interessante come, alla fine, ci fossero due progetti, due idee per il futuro, due speranze, e che la realizzazione di uno precludesse il realizzarsi dell'altro. Insomma, questo è un Dostoevskij con un'ottimismo di fondo che non troveremo praticamente mai più.
Dall'altro lato, però, non è ancora il Dostoevskij con la piena tecnica a cui siamo abituati, per certi versi è ancora molto acerbo, ed essendo questo un racconto e non un romanzo ho trovato gli eventi velocissimi: i due protagonisti legano istantaneamente senza alcun motivo e, fino al finale, ho continuato a chiedermi dove si stesse andando a parare, quale fosse il punto. Ho trovato bizzarra l'atmosfera: è come se fossero descritti stati d'animo delle persone molto giovani, quando si è appena diventati adulti e si vede il mondo per la prima volta con un certo grado di comprensione, e nel finale c'è la prima disillusione ma scritta come, non so, da un punto di vista più maturo. È come se fosse scritto per neo-ventenni ma, nel finale, ci fosse un salto generazionale in avanti. Mi rendo conto che è incomprensibile, ma non saprei descriverlo meglio.
Oh, e Nasten'ka l'ho trovata un po' cretina e molto, molto costruita. Non sembra una persona vera, anche se a posteriori non so se è dovuto al fatto che la vediamo sempre attraverso gli occhi del sognatore che la idealizza.
Il sognatore, invece... è così che si scrive un personaggio in cui il lettore possa entrare ed immedesimarsi.
Con La cronaca di Pietroburgo invece siamo da tutta un'altra parte: una raccolta di articoli che descrivono vari aspetti della vita di città in chiave ironica. E santo cielo il senso dell'umorismo di quest'uomo. Ho riso tanto, cosa che mai mi sarei aspettata da lui.
A parte questo, Dostoevskij non solo crea un'immagine vivissima di Pietroburgo, ma sembra quasi di sentirlo sperimentare con la sua scrittura, e questa è una cosa che mi è piaciuta tantissimo.

Alla fine... alla fine sono stata felice di aver letto questo libricino, anche se non mi è piaciuto del tutto.

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