lunedì 29 giugno 2020

Storia della nostra scomparsa

Storia della nostra scomparsa, di Jing-Jing Lee.

Non c'è niente da fare: alcuni eventi storici riescono sempre ad essere peggio di quanto ci hanno insegnato.

Wang Di ha soltanto sedici anni quando viene portata via con la forza dal suo villaggio e dalla sua famiglia. È poco più che una bambina. Siamo nel 1942 e le truppe giapponesi hanno invaso Singapore: l’unica soluzione per tenere al sicuro le giovani donne è farle sposare il più presto possibile o farle travestire da uomini. Ma non sempre basta. Wang Di viene strappata all’abbraccio del padre e condotta insieme ad altre coetanee in una comfort house, dove viene ridotta a schiava sessuale dei militari giapponesi. Ha inizio così la sua lenta e radicale scomparsa: la disumanizzazione provocata dalle crudeltà subite da parte dei soldati, l’identificazione con il suo nuovo nome giapponese, il senso di vergogna che non l’abbandonerà mai. Quanto è alto il costo della sopravvivenza?
Sessant’anni più tardi, nella Singapore di oggi, la vita dell’ormai anziana Wang Di s’incrocia con quella di Kevin, un timido tredicenne determinato a scoprire la verità sulla sua famiglia dopo la sconvolgente confessione della nonna sul letto di morte. È lui l’unico testimone di quell’estremo, disperato grido d’aiuto, e forse Wang Di lo può aiutare a far luce sulle sue origini. L’incontro fra la donna e il ragazzino è l’incontro fra due solitudini, due segreti inconfessabili, due lunghissimi silenzi che insieme riescono finalmente a trovare una voce.
Con una scrittura poetica e potente, in questo romanzo d’esordio Jing-Jing Lee attinge alla sua storia familiare raccontando la memoria dolorosa e a lungo taciuta di una generazione di donne delle quali è stata per decenni negata l’esistenza: una pagina di storia che troppo a lungo è stata confinata all’oblio.

Ho scoperto che questo libro esisteva grazie ad instagram in generale, e a questo profilo in particolare. È stato uno di quei casi in cui ho capito subito che le possibilità che mi piacesse erano alte, perché i romanzi storici mi piacciono, e ultimamente mi attirano particolarmente quelle pagine di storie dimenticate, meno conosciute.
Ovviamente, anche se Storia della nostra scomparsa è entrato a far parte della mia libreria relativamente presto, prima che lo leggessi sono passati mesi.
Ma alla fine eccomi qua.

Non conoscevo la storia delle "comfort women", le ragazze e giovani donne rapite per divenire schiave sessuali per i soldati giapponesi: è uno di quegli episodi dove le sopravvissute, oltre all'abuso, hanno dovuto fare i conti con lo stigma sociale, perché essere donne molto spesso significa che se ti stuprano sei una donna perduta, una poco di buono, e anche se non è colpa tua non hai più una reputazione, non puoi rifarti una vita.
E allora conviene stare zitte, fare finta che non sia successo nullo, cancellare quanto accaduto per proteggersi. Fino a che, però, non si può più tacere, e la storia viene raccontata.
Storia della nostra scomparsa è un historical fiction: storia fittizia, eventi storici reali, e noi seguiamo le vicende di Wang Di.
Ma le seguiamo su due linee temporali, perché è troppo semplice avere solo il racconto del prima, e di quanto avvenuto durante la guerra, quando le conseguenze a lungo termine durano decenni. Pertanto noi leggiamo la storia di Wang Di quando è adolescente, vediamo la guerra arrivare sempre più vicina. Vediamo gli inglesi andarsene, vediamo l'arrivo dei giapponesi.
Vediamo il rapimento e la violenza.
A sorpresa, non è quella la parte della storia che mi ha fatto più male: Jing-Jing Lee non cade nella facile trappola della pornografia del dolore, preferendo colpire al cuore con la sottile malinconia degli anni.
L'altra linea temporale riguarda la vecchiaia di Wang Di, appena rimasta vedova: vediamo il vuoto che ha costruito attorno agli anni della guerra, lasciandosi alle spalle il trauma senza mai guardarlo di nuovo. Non ha raccontato al marito cosa le è stato fatto, non ha mai permesso che il marito le parlasse delle sue perdite e quando lui muore si rende conto che avrebbe voluto parlare, e ascoltare.
Il piccolo Kevin è, inizialmente, l'elemento stonato nella narrazione: un bambino di dodici anni che indaga sul segreto della nonna: il parallelismo con Wang Di che cerca di ricostruire la vita del marito è evidente, ma non è subito chiaro perché faccia parte di questa storia e non di un'altra.
Ma la verità è che la guerra non è composta da un'unica tragedia, un'unico fatto orribile: ce ne sono tanti, che non si negano tra loro.
Perché alla fine Storia della nostra scomparsa non parla solo delle comfort women, ma di quanto vivere un conflitto distrugge le persone e di quanto sia difficile rimettere insieme i pezzi e tornare ad avere una normalità.
Parla di come il dolore crei barriere, che separano le persone da chi amano.

Si tratta di un libro molto bello, con una scrittura curata (per quanto si noti che l'autrice è alle prime armi), di cui consiglio la lettura.

2 commenti:

  1. Non rientra esattamente nella mia confort zone, però deve essere davvero interessante da leggere. Con la recensione mi hai molto incuriosito! Intanto lo aggiungo in wishlist, magari lo prendo nel prossimo ordine di libri.

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