mercoledì 3 ottobre 2018

Maledette piramidi

Maledette piramidi, di Terry Pratchett.

Terry Pratchett mi ha talmente abituata a capolavori che quando mi trovo davanti ad un libro bello prima ci rimango male, poi realizzo che è un libro bello.

A differenza dei suoi coetanei, il dodicenne Teppic non ha più tempo da dedicare agli amici, ai divertimenti o alle distrazioni del sabato pomeriggio. È diventato, infatti, faraone di un regno desertico del Mondo Disco, ed è proprio una bella rogna: non puoi più portare con te alcun denaro, giovani donne disinibite ti blandiscono con acini d'uva, tutti ti ritengono responsabile del sorgere del sole e del maturare del grano, continui a fare uno strano sogno di sette vacche grasse e sette vacche magre e, soprattutto, devi preoccuparti che la Grande Piramide non esploda per un'instabilità paracosmica...

Il grande lavoro di traduzione si nota leggendo la quarta, dove Teppic ha dodici anni, e poi leggendo il libro, dove Teppic ha dodici anni quando viene mandato ad Ankh-Morpork nel flashback e la storia comincia circa nove anni dopo.
Quanto amo le edizioni italiane di Mondo Disco.
Ma parliamo di cose belle.
Tipo le piramidi.
Sono meravigliose: sono state private del rivestimento di marmo e della punta d'oro, le loro sale sono spesso state saccheggiate, parte del loro splendore è andato perduto nel corso dei secoli, eppure sono bellissime, monumenti talmente immensi che paiono rappresentare l'eternità, come se il tempo non le riguardasse ed esistessero al di fuori di esso.
Poteva un uomo come Terry Pratchett non scrivere un libro intero basato su questo pensiero? Certo che no.
Maledette piramidi è il settimo libro di Mondo Disco, ma il primo in alcune cose: è il primo libro davvero autoconclusivo della serie (a parte i primi due sono tutti autoconclusivi, ma questo è il primo a non appartenere a nessun ciclo). E poi, in retrospettiva, è il primo a non essere ambientato nelle location "classiche" (Ankh-Morpork; il Gesso; le Ramtops...): stavolta siamo nel regno di Djelibeybi, ossia la versione di Mondo Disco dell'antico Egitto, che da un lato è incredibilmente arguta (vedi il rapporto tra le piramidi e il tempo) ma dall'altro anche profondamente ridicola perché il Djelibeybi non è la versione fantasy dell'Egitto bensì un incrocio tra l'altopiano di Giza e la valle dei Re. In altre parole questa è la parodia fantasy dell'Egitto come se lo raffigura l'occidentale medio che c'è stato in vacanza una volta, convinto di sapere com'è davvero perché ha visto due siti turistici: il risultato è un regno che altro non è che una lunga striscia di terra su cui si ergono le piramidi - il cui popolo e il cui budget sono dediti unicamente a preservarle e costruirne di nuove ogni volta che il faraone muore, debolissimo militarmente ed economicamente, a cui è permesso di esistere perché funge da cuscinetto tra altre due potenti nazioni.
Il protagonista dell'avventura è Teppic, futuro faraone: da ragazzino è stato mandato a studiare nella più prestigiosa scuola di Ankh-Morpork, ossia la Gilda degli Assassini, con la speranza che - oltre ad un'istruzione - apprendesse anche un mestiere con cui contribuire al bilancio nazionale. Il progetto però naufraga il giorno stesso del diploma: il padre di Teppic muore, e il ragazzo deve rientrare in patria per salire sul trono, e soprattutto diventare un dio.
Ci sono cose molto importanti da fare, come far sorgere il sole e straripare il fiume, e sperare che vada tutto per il meglio, perché nessuno gli ha spiegato come si fa.
Teppic si trova quindi a vivere la particolare situazione di essere uno straniero nella propria patria, ma soprattutto di aver visto il progresso: il ragazzo vorrebbe davvero portare qualche aggiornamento nel suo paese - tipo i materassi, le tubature, il ferro, snellire il cerimoniale, non sposare la zia perché l'incesto mantiene il sangue puro - ma si scontra con un mondo dove tutto è rimasto identico da millenni, un luogo cristallizzato dove niente cambia e tutto si oppone al cambiamento. Soprattutto l'alto sacerdote Dios, che non è cattivo, ha solo... le idee molto chiare di come le cose debbano andare (ossia come sono sempre andate) e ha perfezionato l'arte di sfruttare il cerimoniale infinito e la natura divina del sovrano per governare come vuole lui visto che gli dei sono comprensibili ai mortali solo grazie alle intercessioni dei sacerdoti che ne interpretano il volere.
Una lotta tra intenti, progresso e conservazione, vecchia come la politica, dove a Teppic manca la motivazione (non è proprio convinto di voler fare il dio per tutta la vita ) e a Dios manca la predestinazione (non è il faraone, c'è poco da fare).

Ma qual è il problema di questo libro? Abbiamo uno stile eccellente come al solito, un'ambientazione interessantissima, un primo contatto con la natura divina del Disco (che porterà al meraviglioso Tartarughe divine), un personaggio incredibilmente riuscito come lo spirito (e dopo la mummia) del precedente faraone, l'idea dietro alle piramidi che è genio allo stato puro... ma c'è qualcosa di meno, rispetto al precedente Sorellanza stregonesca. Non c'è l'incisività di cui Pratchett è capace, mancano i personaggi memorabili: Teppic, Ptraci, Dios... non sono personaggi brutti, ma non sono i migliori e se Pratchett ha un difetto, è che ti abitua ad aspettarti qualcosa che sia oltre l'eccellenza sempre. Il risultato è che poi leggi un libro divertente, intelligente, più rilassato e rilassante di altre sue opere, che ha il chiaro intento di farti passare piacevolmente il tempo, e pensi che è uno dei lavori minori.
Ed è un libro bello che - per parlare di cose serie - contiene una delle migliori rappresentazioni dell'ansia che abbia mai letto.
Oh, e resta il fatto che Terry Pratchett, nel 1989, ha scritto un personaggio che pare uscito da Assassin's Creed.
In effetti, ora che ci penso, è plausibile che alla Ubisoft abbiano lanciato uno sguardo alla Gilda degli Assassini.

10 commenti:

  1. Questo è stato il mio primo incontro con Pratchett ed è stato amore a prima vista! *_* è vero che non è la sua opera meglio riuscita ed è anche probabilmente vero che se lo rileggessi adesso lo troverei meno meraviglioso, ma questo libro ha un posto speciale nel mio cuore! *_*

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    1. Il primo libro di Pratchett non si scorda mai *-* e come si suol dire, al cuore non si comanda :D

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  2. Io mi domando perché ancora non ho letto nulla di Pratchett >_<

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  3. Ho iniziato "Streghe di una notte di mezza estate" un paio di giorni fa, dopo una lunga meditazione (nel senso che non sapevo quale libro di Mondodisco scegliere), ma ovviamente aggiungo in lista anche questo! *____*

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    1. I libri di Terry Pratchett in WL o TBR non sono mai abbastanza XD

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  4. Ogni volta che vado sul tuo blog mi ricordo che devo recuperare al più presto qualcosa di quest'autore >.<

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    1. L'importante è non partire mai dai primi due: l'autore è ancora acerbissimo e sono tra i pochissimi dove si sente l'influenza del periodo in cui sono stati scritti :)

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  5. Io invece ho fatto un po' il percorso inverso con questo libro: l'ho iniziato con aspettative modeste (per quanto modeste possano essere le mie aspettative riguardo un'opera di Pratchett, capiamoci ;D) e invece ne ho apprezzato l'arguzia e l'ironia molto più di quanto immaginassi inizialmente. Ovvio che non mi può arrivare al livello del Ciclo della Guardia Cittadina (niente può, ma nella letteratura in generale, dico XD)... ma un sano stand-alone si apprezza sempre ^^

    P.S.: Al momento mi sto godendo "Stelle Cadenti" <3

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    1. Infatti il problema sono io XD tra la guardia cittadina, le streghe, i libri di Morte... Pratchett è uno che ti porta a considerare un libro bello un libro “solo” bello XD

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