giovedì 21 marzo 2013

L'Intrepida Tiffany e i Piccoli Uomini Liberi


L'Intrepida Tiffany e i Piccoli Uomini Liberi, di Terry Pratchett.

Per qualche motivo non ho mai letto i libri per ragazzi di Terry Pratchett, il che è strano perchè per me quell'uomo è fondamentalmente un dio. Comunque, non leggerli è un errore: questo librino qui è divertente, intelligente, tenero e pieno di citazioni.

Tiffany Aching vive in una fattoria del Gesso. Fa il formaggio, si occupa delle pecore e deve sempre badare al fratellino Wentworth.
Un giorno, però, il bambino scompare nel nulla e Tiffany, che ha deciso di diventare una strega, si lancia in una pericolosa missione di salvataggio armata di una padella e del manuale per la cura delle pecore scritto dalla defunta nonna. Ad aiutarla un rospo parlante e soprattutto i Nac Mac Feegle, folletti guerrieri senza paura e alti 15 cm.

Mai rubare a una strega
Non è certo la prima volta che si vede una ragazzina partire verso un mondo fatato per recuperare un irritante fratello, ma se l'osso della trama ricorda Labyrinth (con tanto di ballo in maschera), l'esecuzione e i personaggi se ne discostano.
Tiffany è deliziosa: è una bambina e si comporta come tale; è sveglia e ha il buon senso tipico dell'infanzia: quando vede mostri e folletti non perde tempo a cercare spiegazioni come un adulto, ma agisce di conseguenza. E' curiosa, determinata, fa mille domande ed è tanto imperfetta: è gelosissima di Wentworth, che le ha rubato il posto di piccola di casa, odia con tutte le sue forze doversene occupare perche lei ha nove anni e lui tre, e quando scompare non scopre di averlo sempre amato: a Tiffany non importa molto del fratello, ma le importa molto che è suo.

I Nac Mac Feegle sono geniali.
Il solo modo per descriverli è i Puffi incontrano Braveheart e si scolano una birreria. Sono fantastici e stranamente adorabili col loro parlare alla Brancaleone, la loro totale follia e il non tirarsi indietro di fronte a nulla (tranne che agli avvocati).
Come non amare un popolo che è stato cacciato dal mondo delle fate per ubriachezza molesta?

La Regina, dal canto suo, si riconferma come una gran bella cattiva (già l'avevo vista in Streghe di una Notte di Mezza Estate) e mi affascina il modo in cui è costruito il suo personaggio: un essere privo di empatia, egoista, manipolatore, incapace di cambiare e soprattutto di capire.
Abbiamo visto come se l'è cavata contro la saggezza della vecchiaia, e in questo libro la vediamo alle prese con l'infanzia.

Una nota di merito al personaggio postumo di Nonnina Aching: a parte che la signora spacca i culi anche da morta, non ho potuto non commuovermi vedendo come il suo ricordo sia fonte di ispirazione e di coraggio per Tiffany, e come la bambina non solo senta la sua mancanza ma la rimpianga. I ricordi, gli aneddoti, la pastorella di ceramica... sono così reali, dolci e buffi.

Magistrale è la resa del mondo contadino: ho scoperto quanto mi stesse a cuore mentre leggevo (i miei nonni sono contadini: ammiro e rispetto quel mondo che ho solo sfiorato senza farne parte), e in questo libro si vede l'orgoglio, la profonda onestà di chi si spacca la schiena facendo il suo lavoro. C'è la dignità e la saggezza di chi sa appena leggere e scrivere ma non per questo è un ignorante, dove la conoscenza non non la portano i professori.
A fare da contrappeso a questo mondo fisico e pratico c'è il mondo dei sogni, terra fatata e terrificante dove la realtà dipende da come la guardi, abitata da incubi e paure.

Insomma, un libro notevole. Come sempre Terry Pratchett è una garanzia.


Qualcuno deve pur parlare per chi non ha voce.

Era così che funzionava. Niente magia. Ma quella volta la magia c'era comunque stata. E non smetteva di essere tale soltanto perchè si scopriva come erano andate veramente le cose.

È colpa tua. Il pensiero le si abbattè nel cervello come un pezzo di ghiaccio. È colpa tua perchè non gli volevi bene.

La caratteristica della stregoneria è che non assomiglia per niente alla scuola. Prima si fa l'esame, poi si trascorre il resto del tempo per sapere com'è andato. In quel senso è un po' come la vita.

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